Pensate ad un libro che avete letto.
Pensate alla trama, allo svolgimento, al finale. Quasi sicuramente
potreste descrivere queste fasi, e potreste anche fare una serie di
considerazioni piuttosto precise su quale fosse l'intenzione che
voleva comunicare lo scrittore, il messaggio del libro, quale il
ruolo esatto del protagonista. Leggere un romanzo di Philip Dick
rappresenta la disposizione d'animo a rinunciare in parte o
completamente a queste certezze per lasciarsi andare ad un flusso di
eventi che può prendere qualunque direzione, anche più di una per
volta, in cui diverse realtà possono sovrapporsi, contrastarsi ed
annullarsi. I suoi personaggi possono essere sempre smentiti, e da
profeti diventare in un istante dei pazzi scatenati la cui
immaginazione è dilagata oltre confini controllabili. Oppure possono
sdoppiarsi, o rimanere semplicemente dei nomi, senza faccia e senza
corpo.
Nick Brady, commesso di un negozio di
dischi in una città universitaria è tormentato da visioni
misteriose e sogni. Per cercare di darvi una spiegazione si rivolge
all'amico Philip Dick (proprio lui!), il quale ha un punto di vista
decisamente razionale e realistico. Man mano che le visioni prendono
letteralmente possesso della vita di Brady e s'intrecciano con le
vicende politiche degli Stati Uniti, caduti nelle mani di Ferris
Freemont (un dittatore regolarmente eletto che viene identificato dai
più con Richard Nixon, detestato da Dick), le ipotesi sulla loro
natura si moltiplicano, vengono in parte confermate e in parte
smentite, nuove teorie si aggiungono in continuazione, e le naturali
inclinazioni dei protagonisti si esasperano, mentre Nick viene
trascinato dal misticismo, Philip cerca disperatamente di tenere i
piedi per terra e sé stesso e l'amico fuori dai guai.
Questo romanzo è in realtà la stesura
originale del libro che venne pubblicato nel 1978 col titolo di
“Valis” e che introduce la cosiddetta “Trilogia di Valis”; la
vicenda autobiografica da cui prende spunto, è sicuramente nota ai
fan dello scrittore, e tuttavia per chi non la conosce è
sorprendente: le visioni descritte da Brady, e molte delle cose che
gli accadono sono state vissute dallo stesso Dick nel 1974, durante
un'esperienza che lo convinse -come accade allo stesso Nick - di
stare vivendo una doppia vita, nel presente come scrittore, e nel
passato come cristiano perseguitato dai romani. Queste due realtà si
alternano continuamente all'interno della narrazione e generano i due
personaggi principali, che altro non sono se non due aspetti della
personalità dell'autore, diviso tra una visione mistica e fatalista
ed una razionale e atea.
A tenerle insieme è lo scopo ultimo di
sconfiggere Ferris Fremont: di lui si parla per tutto il libro, se ne
racconta la storia e le azioni, e tuttavia egli non compare mai se
non appunto attraverso le parole degli altri personaggi: una specie
di inesistente eppure potente Mago di Oz, rappresentato e incarnato
dalle proprie spie, senza sostanza e senza meriti. Ancora una volta
la realtà si sdoppia e gli Stati Uniti del racconto sono
l'emanazione, il riflesso di quelli governati da Nixon. L'atmosfera
s'incupisce progressivamente, si percepisce con chiarezza la
crescente disperazione; per sconfiggere il comunismo vengono
utilizzati gli stessi mezzi di delazione e spionaggio conosciuti ed
applicati dal KGB o dalla Stasi, e la teoria che ne ricava Dick sulla
guerra fredda è geniale e facilmente applicabile ai conflitti
contemporanei che vedono coinvolti Oriente e Occidente.
Trasportati nel tempo e nello spazio
fisico e psichico, i lettori sono esposti a un flusso continuo di
visioni, spiegazioni, smentite, nuove teorie, e fatti che
disorientano e fanno dubitare fino all'ultimo su quale sia la vera
realtà.
L'avventura di Nick e Philip ha un
termine, ma non ci restituisce neanche la certezza della sconfitta.
Dick ha saputo realizzare perfettamente il dubbio perenne tra vero e
falso, la sensazione di non
appartenere completamente al mondo che
abbiamo sotto gli occhi (come già fece Lovecraft), oltrepassando
continuamente il confine tra illusione e possibile verità, che in
questo romanzo diventa anche una questione di ricerca personale e
misticismo, un tema che inevitabilmente
coinvolge nel profondo i suoi lettori.
Ad un livello più concreto, è stato in grado di descrivere nella
sua contemporaneità situazioni sovrapponibili al nostro presente,
non solo come semplici fatti, ma anche come ideologie e pensiero.
Mi chiedo, dato quello che “Radio
Libera Albemuth” rappresenta sia a livello letterario che personale
per lo scrittore, se per chi come me abbia letto poco di lui non sia
meglio passare prima di questo ad altri romanzi, magari proprio
quelli che lo stesso Philip Dick cita in questo: “La svastica sul
sole”, “Le tre stigmate di Palmer Eldrich” e “Scorrete
lacrime, disse il poliziotto”. La lettura è comunque ricca e appassionante, ma forse con un minimo di preparazione ce la si gode di
più.
(Philip K.Dick "Radio Libera Albemuth" 2007 Fanucci Editore)