domenica 7 giugno 2015

Sotterranei: Émile Zola "Thérèse Raquin"

In questo romanzo del giovane Émile Zola troviamo condensate diverse correnti letterarie del 1800. Cronologicamente se stilisticamente siamo nel naturalismo francese, la lingua è analitica, oggettiva, gli stati d'animo sono descritti senza partecipazione e le situazioni hanno il sopravvento sullo studio dei personaggi, che sembrano talvolta semplici funzioni, maschere, simboli. Tuttavia i temi, le atmosfere, i comportamenti, richiamano innegabilmente la precedente letteratura gotica e romantica e soprattutto il successivo decadentismo.

Zola ci accoglie nel claustrofobico Passage Du Pont-Noef, popolato da personaggi miserabili e strani, in cui si trova il negozio di merceria della famiglia Raquin. Thérèse è dietro il bancone, una donna gelida che obbedisce meccanicamente alla sorella di suo padre, che l'ha cresciuta. Thérèse è sposata col cugino Camille, un giovane malaticcio e viziato, suo solo compagno d'infanzia. Questo destino, impostole dalla zia, è stato in apparenza accettato senza batter ciglio dalla giovane. In realtà, il suo animo è scosso da una dolorosa, abnorme fame di esperienze, un vuoto psicologico ed emotivo che la sta inghiottendo. Il suo desiderio è più viscerale della febbre per il piacere di Dorian Gray, ma sembra trovare sazietà in Laurent. Rozzo, sanguigno,sensuale, rappresenta l'esatto opposto del marito, e la passione che nasce tra loro è qualcosa di predestinato e inevitabile.
La trama, che ha un impianto da tragedia greca, rivela immediatamente elementi che ricordano il romanticismo e sono presagio degli sviluppi (le origini esotiche di Thérèse, la duplicità delle relazioni famigliari, il sentimento di attrazione e repulsione dei due amanti, il fantasma).
I personaggi sono analizzati con distacco ma non acriticamente, a partire dalla bonaria Signora Raquin, ossessionata dalla ricerca della tranquillità e dalla protezione del figlio, manipola la vita della nipote-figlia sottomettendola a disegni che devono assicurarle la serenità e diventano invece causa della rovina. Come lei, tutti i personaggi del libro usano gli altri per raggiungere un qualche scopo: gli ospiti del giovedì vogliono evadere dalla noia, Laurent vivere senza lavorare, Camille fare carriera. 
Da "Thérèse Raquin" di Michel Carné, con Simone Signoret e Raf Vallone!
Solo Thérèse è estranea (almeno inizialmente) a questo gioco e la sua ipocrisia non è calcolo bensì una difesa, un tentativo di estraniarsi e sopravvivere a un'esistenza mostruosa. Il suo adulterio diventa così una disperata ribellione, un' affermazione di volontà individuale che la costringe ad entrare a pieno titolo nella farsa recitata dagli altri personaggi. Per costoro la fortezza delle loro abitudini è un sicuro rifugio dalla vita, una trappola di convenzioni soffocante ma sicura, che fornisce un limite oltre il quale la sanità mentale non è garantita. Solo Thérèse e Laurent oltrepassano quel limite. E come Dorian Gray rimira la decadenza della propria anima nel ritratto che tiene chiuso in soffitta, i due protagonisti assistono al degenerare delle loro anime espresso dai loro corpi, usando l'altro come specchio e nascondendo il proprio lento marcire con la menzogna. La scrittura si contorce su sé stessa, ancora e ancora, confina il lettore nella casa del Passage Du Pont-Noef , prigioniero di Thérèse e Laurent, delle loro continue lotte, che non può fermare, lo costringe ad assistere al loro disfacimento come vi è costretta la vecchia Raquin, inferma e incapace di muoversi. Non c'è modo di arrestare la caduta, di tornare indietro, Thérèse e Laurent arriveranno fino in fondo alla loro rappresentazione.
Dalla narrazione crudele e precisa, istante per istante della discesa all'inferno dei protagonisti emerge la critica dell'autore alle convenzioni sociali del tempo e in particolare al ruolo riservato alle donne, soprattutto se povere, in balìa della volontà altrui, senza possibilità di essere nient'altro che quello che viene deciso da altri. Un racconto classico vestito degli abiti della Parigi di metà ottocento, che stringe il lettore in un abbraccio inesorabile.
(Émile Zola, “Thérèse Raquin”, 2007 Rizzoli . Lo trovate anche in altre edizioni)