giovedì 15 ottobre 2009

Questioni

Mi hanno prestato un libro. E' stato un collega, mosso da ottimi sentimenti e in fondo da me incoraggiato, dato che il tema m'interessava. Dopo aver finito la lettura precedente, ho iniziato il volume: data la mia proverbiale diffidenza nei confronti dei gusti letterari altrui (se escludiamo alcuni scelti individui) non mi aspettavo granchè, ma certo non potevo immaginare una cosa del genere. Credo di avere tra le mani il libro peggiore che mi sia capitato di leggere da "Quinto pianeta" di Fred e Geoffrey Hoyle, recensito sul blog Doppiaazione tempo fa.
Una trama improbabile, un linguaggio didascalico e logorroico che vuole stupire i lettori per il suo lirismo, le sue immagini poetiche; un imbarazzo che inizia dalla prima pagina e per ora non molla.
Detto tutto questo, e specificato che per sopravvivere mi sono buttata immediatamente su un altro libro, vi chiedo: VOI lo finireste? Oppure lo restituireste con un sorriso ed una scusa ben costruita? E se lo finiste, ammesso di non cambiare idea sul valore dell'opera, cosa direste al collega? Una pietosa bugia o la verità, pur portata con garbo? Sareste in grado affrontare un dibattito continuando a sorridere e cercando disperatamente un lato positivo in tutta la faccenda?
Aspetto le vostre risposte.

domenica 11 ottobre 2009

Mafiaman! "L'inverno di Frankie Machine"- Don Winslow


Mio zio lo ha letto e passato a mio padre, il quale lo ha letto e passato a mia madre, la quale lo ha letto e passato a mia zia che l’ha letto ben due volte e lo ha poi restituito a mio padre, che lo ha poi prestato al mio fidanzato, che poi lo ha passato a me. “L’inverno di Frankie Machine” è ormai un libro di famiglia, e tutti lo hanno trovato bello, a volte entusiasmante. Secondo mio padre è quasi più bello de “Il padrino” di Mario Puzo.

La mafia di San Diego non è né ricca né furba quanto quella di Los Angeles o Detroit, è una mafia di serie B, ma non per questo meno violenta o spietata. Frank Machianno lo sa bene, ne ha fatto parte per anni, anche se ora si è ritirato e passa le sue giornate tra ben tre lavori, una ex moglie, una giovane figlia, una bella amante. E il surf, una passione giovanile che continua a praticare con dedizione.

Lui però, non era un picciotto qualunque, era Frankie Machine, killer praticamente infallibile, una vera leggenda. E quando qualcuno lo attira in una trappola per ucciderlo, Frank passa immediatamente al contrattacco e decide di scovare il mandante.

Inizia la sua ricerca, sospesa tra passato e presente, a mollo nei ricordi della vita precedente, nel tentativo di capire chi lo potrebbe voler morto e perché. Ritorna indietro con la mente e va a trovare i vecchi compari, facendo chiarezza dentro di sé, scoprendo quanto le cose siano cambiate per lui e per gli altri, quanto le cose che pensava essere andate in un modo, fossero in realtà accadute diversamente.

Un personaggio inedito, Frank, mafioso di piccolo calibro, mai diventato un vero boss, ma abbastanza accorto e fortunato da non essere mai finito in galera. Eppure conosciuto e temuto da tutti per la sua meticolosità e freddezza. Non è stato tirato dentro l’organizzazione “per caso”, la mafia se ‘è scelta, ma ha saputo pagare il prezzo dovuto per appartenervi, cercando di quando in quando di uscirne (senza troppa convinzione) e rimanendo comunque fedele alle proprie regole, alla propria moralità. Più si conosce e più piace quest’uomo dalle abitudini esageratamente italiane (tutte le mattine si tosta e macina il caffè, tanto per dirne una), la lealtà ed intelligenza che gli hanno reso amici personaggi ben più potenti e pericolosi di lui, disincantato e insensibile all’epica mafiosa creata dalle” famiglie” e resa famosa da film come “Il Padrino” di Coppola ( gustosi i commenti in proposito). Un padre che ama la figlia e vuol bene alla sua ex moglie, un vicino ideale sempre disposto a dare una mano, capace di ridiventare istantaneamente lo spietato The Machine.

Attraverso i suoi ricordi, gli incontri con mafiosi sui generis e con i loro figli incapaci, la sua vita famigliare, passata e presente, le amicizie, la storia si dipana, lucida, chiara e appassionante. Un meccanismo ben costruito in cui per avanzare dobbiamo tornare indietro e indagare nella memoria. Questa struttura di narrazioni parallele costituisce gran parte della bellezza del romanzo, unita allo sguardo vagamente malinconico e stanco (ma sostanzialmente privo di plateali rimpianti per la propria vita “dissoluta”) del protagonista; malinconico ma non triste, non geriatrico e rassegnato.

Il registro è realistico, quasi giornalistico per il distacco emotivo delle descrizioni; l’autore non cede a sentimentalismi, ma neanche cerca di scioccare il lettore con scene inutilmente truculente. La violenza viene illustrata senza compiacimento né moralismi. La mafia che svela questo libro è brutale, ogni tanto ridicola, popolata da personaggi curiosi, talvolta quasi simpatici e tuttavia pur sempre criminali; un mondo che per alcuni può essere affascinante, ma di cui Frank ha visto il lato più cupo e squallido.

L’unica critica seria è per il finale, forse un po’ scontato, hollywoodiano e poco consono a un personaggio “reale” come Frankie Machine; ma se lo leggete, deciderete voi.

(“L’inverno di Frankie Machine” Don Winslow Einaudi Stile Libero 2006)

sabato 10 ottobre 2009

Lo scozzese


Cose che piacciono a Martin Millar: la musica, il sesso, l’alcol, la storia, la letteratura, le fate, le ragazze coi capelli colorati e “Buffy l’ammazzavampiri”.

In ognuno dei suoi libri troverete quasi tutti questi elementi, anche se in quantità e qualità diversa. Che si tratti di una storia dichiaratamente autobiografica o di un fantasy metropolitano, gli argomenti di Millar sono inconfondibili; parla incessantemente di sé stesso, della propria vita e di quella dei suoi amici nelle città che ha abitato o visitato. Talvolta è il protagonista, altre sembra non comparire del tutto e invece è lì, presente sotto forma di personaggio secondario.

Cominciamo dalla musica, allora. E’ la spina dorsale di tutte le sue storie ed ogni romanzo ha la sua colonna sonora: i The fall in “Latte, solfato e Alby Starvation” ad esempio o i Led Zeppelin in “Io, Suzy e i Led Zeppelin” (appunto), che costituiscono una parte integrante ed imprescindibile del racconto. Questo romanzo in particolare non si può gustare appieno se prima non si è ascoltato qualche disco della band, dato che il ritmo è letteralmente scandito dalle loro canzoni, dalla descrizione delle copertine e dal commento dei testi. In “Fate a New York” due fatine scozzesi, abili violiniste, decidono di mettere su una band punk e di elettrificare i brani tradizionali scozzesi, creando scandalo nelle loro famiglie. La protagonista di “Sogni di sesso e stage diving” è una musicista di punk trash di Brixton (un sobborgo di Londra che fa da sfondo anche a “Latte, solfato…” ) e tutta la vicenda ruota attorno al suo desiderio di chiamare la propria band Queen Mab, dal nome della fata che porta i sogni agli uomini. Senza la musica rock insomma, non ci sarebbe Martin Millar e -anche se non saprei spiegarvi come- vi posso assicurare che i libri stessi risultano quasi come dischi: la scrittura “suona”, è dolce come le melodie scozzesi in “Fate a New York”, chitarrosa, incalzante, fibrillante in “Io Suzy e i Led Zeppelin”, acida e rumorosa in “Sogni di sesso e stage diving”. Non so come ci riesca, ma lo fa. Con poche frasi riesce a rendere perfettamente le atmosfere, ad inquadrare i personaggi, a renderli vivi.

Così abile nel descrivere il genere di vita condotto da molti giovani Inglesi (ma anche Americani), senza un soldo, con pochissime possibilità di trovare un lavoro, che abitano negli squat, egli è in grado di fare di un minimo spunto, anche il più modesto, un romanzo. E’ la realtà che meglio sa descrivere e infatti dei libri che ho letto i più riusciti sembrano essere proprio quelli ambientati a Brixton. Millar trasforma vicende in apparenza risibili in storie in grado di avvincere: un particolare minuscolo che a chiunque altro sarebbe sfuggito diventa il centro attorno al quale ruotano decine di personaggi, ognuno con lati positivi e soprattutto negativi e le proprie paranoie. Alby Starvation è forse il primo che viene in mente, ma essendo l’alter ego di Millar conta fino ad un certo punto. Molto più interessante è la già citata Elfish, la stage diver, assolutamente insopportabile ed antipatica, eppure nel suo egoismo un personaggio positivo. Sono spesso creature sgradevoli, come minimo dotate di deplorevoli abitudini igeniche, deboli, egoiste ed incapaci di dare una direzione alla loro vita. Martin li osserva senza giudizi e dando importanza alle loro piccole ambizioni, alle loro mete -che appaiono a volte davvero modeste per non dire infantili- che costituiscono il motore delle loro esistenze e li mettono in grado di fare qualunque cosa per raggiungerle.

Per quanto negativi, non si riesce ad odiarli veramente e alla fine, in qualche modo, tutti, buoni e meno buoni, raggiungono il loro lieto fine. Le situazioni più drammatiche si risolvono sempre o quasi nel migliore dei modi e spesso nei momenti “tragici” mi sono trovata a pensare “Sì, ma tanto arriva il lieto fine, adesso”; si tratta della speranza segreta di qualunque lettore di non dover vedere finire male un personaggio al quale si è affezionato, ma raramente nei romanzi di Millar si resta delusi in questo senso.

Quasi ad esorcizzare il male o a realizzare il sogno di un mondo in cui le cose si aggiustano sempre, Martin fa di tutto perché i conflitti vengano superati e se a volte può sembrare poco realistico (l’happy ending non è per forza l’ideale in termini di scrittura), è pur vero che ogni autore ha il diritto di scegliere i propri finali e che questa scelta è comunque un’espressione del suo stile e della sua personalità.

La struttura adottata nei quattro romanzi che ho letto finora è sempre la stessa: si narrano almeno quattro o cinque storie contemporaneamente, a volte evidentemente connesse, altre non così chiaramente legate. Il destino naturale di queste vicende (come di quelle di tutti noi) è d’intrecciarsi dando un senso finale al racconto. E’ un gioco divertente che funziona molto bene, ma può rivelarsi pericoloso: possono scapparti dei pezzi e ci possono essere talmente tante sottotrame che le conclusioni possono risultare a volte rutilanti e un po’ “tirate via”. E’ la sensazione che ho avuto per esempio con “Fate a New York”, in cui negli ultimi capitoli l’azione sembra animata da puro panico e ansia di arrivare alla parola fine rimettendo tutti i pezzi del puzzle al loro posto nel minor tempo possibile. E’ vero però che se anche si perde qualcuno per la strada non è detto che sia così importante…succede anche nella vita vera.

La vera magia di queste storie sta nel come ti sia impossibile smettere di leggerle una volta iniziate. Personalmente a finire un libro di Millar non ci metto mai più di una settimana (spesso di meno) e proprio la tecnica delle varie narrazioni incrociate aumenta la velocità di lettura e il desiderio di scoprire come andrà a finire. Oltre a questo, è un autore che conosce la letteratura (appassionato di Jane Austen, ha scritto una sua versione di “Emma”, conosce la poesia Inglese), abile a farti credere di aver creato qualcosa che anche tu avresti potuto scrivere. Ma la realtà è molto diversa, ci vuole veramente molto stile, leggerezza e capacità narrativa per fare quello che fa lui. Sareste in grado, ad esempio, di coniugare storia antica, poesia elisabettiana e punk rock in un solo romanzo? Non è da tutti.

Infine, grazie alle sue trame, ai suoi personaggi giovani e disperati, al suo humour malinconico e demenziale, Millar è quel genere di scrittore che può piacere a quasi tutte le età: l’adolescente si riconoscerà nella ragazza coi capelli colorati o nel giovane depresso per essere stato lasciato dalla ragazza, mentre il lettore più maturo farà magari più attenzione alla narrazione, alle citazioni dalla storia antica, ai contenuti più nascosti e “filosofici” delle sue storie.

In Italia sono stati pubblicati (e a volte ri-pubblicati) solo cinque libri (tradotti con una certa fedeltà) di Martin: oltre a “Latte Solfato ed Alby Starvation”(2004 Baldini e Castoldi) ed “Io Suzy e i Led Zeppelin”(2002 Baldini e Castoldi) ci sono anche “Fate a New York” (2004 Lain), “Sogni di sesso e stage diving”(2006 Lain), e “Ragazze lupo” (l’unico in questa lista che non ho letto, 2008 Fazi).

Se consultate il suo sito www.martinmillar.com lo scoprirete molto più prolifico. E’ tra le altre cose autore di una serie fantasy con lo pseudonimo di Martin Scott. Se avete un minimo di conoscenza dell’Inglese vi consiglio di leggere anche i volumi inediti nel nostro paese, il linguaggio è scorrevole e semplice, non dovreste aver problemi a finirli.

giovedì 8 ottobre 2009

Bücher! Bücher! Bücher!



Berlino è una città di librerie. Ce ne sono davvero a bizzeffe, moltissime di libri usati. C'è da perderci la testa e se uno non parla il tedesco, da rammaricarsene assai.
Durante la mia recente gita ho visitato "Dussmann" in Friederick Strasse, una vera caverna del tesoro per gli amanti della lettura: un negozio moderno (manca forse d'atmosfera) straboccante libri in Tedesco e lingue estere, una scelta enorme di tutti i generi possibili ed immaginabili e una ricca scatola delle offerte dove ho pescato un tascabile di Ambrose Bierce a meno di tre euri, straordinario. Non solo, ci sono cd e dvd. Insomma, ci abbiamo passato due ore e mezza, ed ogni volta che ci decidevamo ad uscire (passando dalla cassa, ovvio), una nuova sirena ci chiamava da uno scaffale.

Sul versante dell'usato invece, ho scoperto grazie a Ciambella il "Caffè Tasso" in Karl Marx Allee, un piccolo ma grazioso bar dai muri giallo sole e dall'arredamento tra il country e vintage, dove si organizzano anche spettacoli di burattini e concerti, che comprende anche una libreria di usato. All'esterno, quando il tempo lo permette, ci sono tre o quattro bancarelle piene di volumi. All'interno altre due sale tappezzate di scaffali, in cui potete trovare di tutto, narrativa, fantascienza (le copertine degli anni 60/70 sono bellissime!), lavori femminili, psicologia, teatro, scienze. Libri da pochissimi euri ed edizioni "d'epoca", discretamente pregiate. Ce n'è davvero per ogni gusto e mentre si beve un caffè o una cioccolata (vedi foto) si possono leggere i libri presi dagli scaffali e scegliere quali vogliamo comprare. Un posto tranquillo, ideale per passare un pomeriggio o addirittura la sera se volete assistere a qualche concerto o spettacolo. Grandioso!