giovedì 20 luglio 2017

"Il canto dell'amor trionfante", Ivan S. Turgenev

Ho finito di leggere questo libro qualche mese fa e da allora cerco di scriverne la recensione. Non è facile, innanzitutto perché non avevo mai letto altro di Turgenev (i classici incutono sempre un certo rispetto) e poi i racconti di cui parliamo appartengono all'ultima produzione dello scrittore, quando stile e temi prediletti erano ormai cristallizzati e i simboli tanto stratificati che una sola immagine corrisponde a molteplici significati, parte dei quali può rimanere invisibile a un occhio inesperto. La metafora visiva è forse la più appropriata, perché le storie di Turgenev permangono nel tempo come apparizioni o fantasmi che si manifestano al lettore.

Ecco “Baburin e Punin”: il primo sogna una società più giusta, la fine dei privilegi nobiliari, il rispetto dei più umili; il secondo, un uomo anziano dall'aspetto bizzarro, insegue un'Arcadia poetica in cui gli autori contemporanei sono messi al bando e solo chi appartiene al passato è degno di rappresentare la letteratura russa. Contesi tra la spinta verso il futuro e il rassicurante richiamo di un passato conosciuto, restano bloccati fuori dal tempo e i loro esasperati idealismi, che non ammettono compromessi, invece di lanciarli verso la nuova Russia che vede la fine della nobiltà, li zavorra nel nulla. Troveranno il loro posto in esilio, lontani dal tempo presente. Turgenev sembra criticare gli idealismi, sia politici che letterari, che non tengono conto della realtà in cui sono formulati, lanciando forse qualche frecciata a coloro (tra cui Dostojevskj) che lo accusavano di non essere abbastanza russo a causa della sua lunga permanenza in Francia.

Tutti i racconti sono costruiti su una dualità. Che si tratti di un'alleanza, una rivalità, una dipendenza, troviamo sempre due protagonisti. Ne “L'orologio” sono i cugini Aleksej, figlio di un avvocato, e Davyd, che attende il ritorno del padre dissidente politico; attraverso di loro viene messa in scena la decadenza della pavida borghesia e la gagliarda nazione che emrgerà in pochi decenni. L'azione è catalizzata dalla presenza di un oggetto, un banale orologio di poco prezzo, che acquisisce significati diversi per il suo giovane proprietario (Aleksej) e per gli altri componenti della famiglia, di cui emergono meschinità, purezze, contrasti e il cui destino si compirà in queste pagine.

Se queste vicende rientrano nella sfera del razionale, da quella successiva vi è una mutazione, l'atmosfera si fa più cupa e l'elemento dell'ignoto e del fantastico s'impongono. “Il racconto di padre Alekseij” è il resoconto della possessione diabolica di un giovane riportata dal padre, uomo devoto che pure nulla può per salvare il figlio dal destino tragico verso cui è proteso. La descrizione del male che lo prende è agghiacciante, degna dei migliori racconti e film dell'orrore e fa tornare in mente la prima parte de “L'esorcista”, quando la bambina protagonista, già posseduta, è creduta malata e sottoposta a infiniti esami medici. E' la consapevolezza del male e l'incapacità di dargli un nome certo, l'impotenza di fronte ad esso, il vero orrore.
Ne “Il canto dell'amor trionfante”si narra la rivalità di due nobili giovani per l'amore di una fanciulla. Quando questa sceglie il suo sposo, lo sconfitto parte per un lungo viaggio dal quale tornerà con un piano per conquistare la ragazza. Imbevuto di esotismo orientale, questo racconto è quasi un esercizio di stile che richiama “Le mille e una notte” e i racconti gotici, e precorre il classico tema degli zombie.

Il volume si chiude con la lunga novella “ Klara Milîc”, l'ultimo componimento compiuto di Turgenev che per scriverlo s'ispirò a un fatto di cronaca, il suicidio in teatro nel 1881 dell'attrice e cantante Evlalia Kadmina. Il sottotitolo “Dopo la morte” doveva essere in realtà il vero titolo del racconto, ma fu scartato dall'editore perché giudicato troppo lugubre (succede ai migliori, evidentemente!).Yevgeni Bauer ne trasse un film ricco di visioni simboliche, ed è facile riconoscere nella storia elementi in comune con “La prospettiva Nevskij” di Gogol (molto amato dall'autore).
La vita incolore del giovane Aratov, orfano di famiglia borghese accudito con devozione da una vecchia zia, viene attraversata dall'apparizione di una giovane attrice che subito si dilegua, ma che da quel momento ritorna continuamente, evocata dalla memoria. Egli ne ricorda incessantemente e minuziosamente il volto, le espressioni e le parole, alla ricerca di una risposta alla domanda che Klara ha evocato in lui. La insegue, ricostruendo la sua vita attraverso i ricordi dei parenti, e ne svela qualche segreto, ma non il più importante, quello che lo salverebbe. Più conosce Klara, più si addentra nei dettagli della sua vita e più si allontana da sé stesso e dalla realtà, sprofondando un mondo di visioni e delirio. Ad Aratov spetta lo stesso destino del pittore Piskärev, anche lui all'inseguimento dell'immagine di una donna e imprigionato in una spirale di pensieri ossessivi che si svolge lentamente tornando continuamente nello stesso punto, ma diversamente dal personaggio di Gogol egli non è torturato da una certezza, ma da qualcosa che non avrà mai modo di sapere se non, forse, dopo la morte.
La memoria, la follia e la morte sono gli elementi portanti della raccolta e le danno unità nonostante la quantità di temi, atmosfere, costruzioni narrative utilizzate dallo scrittore.

(Ivan S. Turgenev, “Il canto dell'amor trionfante e altri racconti", Feltrinelli, 2007)