sabato 18 luglio 2009

90

Qualche mese fa Radiopopolare di Milano indisse un concorso: il tema da sviluppare in poche righe era "Un incontro con Johnny Cash". Partecipai e vinsi un cd live di Johnny. Qui sotto vi ripropongo il racconto, ambientato a Milano, sulla 90, che per chi non lo sapesse fa il giro della circonvallazione. Come ha osservato il conduttore radio, la 90 non è un autobus come scrivo, ma una filovia. Solo che autobus suonava meglio.

90

Johnny Cash salì sulla 90 con tanto di capottone e custodia della chitarra. Rimasi un po’ stupita.

Lui era proprio in testa, tutto vestito di nero spiccava paurosamente in mezzo alla folla variopinta, formata perlopiù da stranieri, studenti in tuta da ginnastica, vecchiette più o meno macilente con le borse della magra spesa . Molti si girarono a guardarlo, mentre cercava un biglietto nelle tasche dei jeans, ammirando la sua eleganza.

Io ero a bocca aperta. Di solito quando vedo una persona nota per la strada cerco di fingere che sia un palo della luce, un po’ per discrezione, un po’ perché voglio mantenere un contegno e non avrei comunque molto da dire, anche se si tratta di qualcuno che ammiro.

Ma Johnny Cash è categoria A, lui val bene lo sputtanamento, lui lo volevo almeno vedere da vicino. Poteva anche essere un’allucinazione dopo tutto.

Così cominciai a risalire la corrente dell’autobus come un salmone risale il fiume, lentamente, chiedendo “Per favore”, un occhio a Johnny, uno alla borsa. Appena superata la prima vettura, le ruote del mezzo passarono su un grosso buco, facendo schiantare col contraccolpo tutto il suo contenuto umano. In men che non si dica fui a fianco di JOHNNY CASH! Accipicchia, era proprio lui.

Aveva le dita inanellate, una cravatta di cuoio e la fibbia della cintura d’argento; la faccia appariva un po’ corrucciata, ma non nell’espressione di una leggenda del country, che tante cose –belle e brutte- ha visto; non era l’espressione di un eroe che ha sempre vissuto coraggiosamente pagando di persona per i propri errori, bensì di un uomo che ancora non ha trovato il biglietto del tram.

Infatti non aveva ancora smesso di passare le mani da una tasca all’altra del cappotto, poi dei jeans, poi della camicia, tirandone fuori bigliettini di ristoranti, qualche dollaro o il necessario da cucito di qualche motel.

Stavo fissandolo, cercando di cogliere il momento giusto per rivolgergli la parola -sperando di aver qualcosa da dirgli- ma il momento giusto sembrava non arrivare mai; poi, d’improvviso, mi resi conto di una presenza dall’altro capo dell’autobus, come di un cattivo presentimento.

-Hei, tu!- gridò la presenza –Ce l’hai il biglietto?

Alzai la testa. Era il controllore. Baldanzoso nella sua divisa, con tanto di berretto e gilet bordeaux, si dondolava sulle punte dei piedi. Aveva l’aria cattiva. Aveva l’aria feroce. Aveva puntato Johnny quando l’aveva visto cercare il biglietto e SAPEVA che non l’aveva ancora trovato.

Johnny lo fissò. Il controllore fissò Johnny. Improvvisamente nella vettura calò un silenzio spettrale. Intuendo ciò che si preparava, la gente tentò in ogni modo di togliersi di mezzo schiacciandosi contro le pareti, saltando in braccio ad estranei o sugli scalini delle uscite: stava per scoppiare l’inferno.

Cash allargò le gambe in una posa da cowboy e continuò a fissare il controllore. Quello fece lo stesso e si mise i pollici nella cintura.

-AAAlloraaa, ce l’hai il biglietto?- ripetè con voce vagamente stridula

-Perché non vieni a controllare?- rispose finalmente Johnny col suo vocione, capace di far tremare i vetri, già scossi dal moto avventuroso

-Sicuro…sulla piattaforma!

E cominciarono ad avanzare, lentamente senza mai staccarsi gli occhi di dosso. Quasi tutti, in un tentativo disperato di evitare lo scontro, stavano cercando nelle tasche, in borsa, un biglietto da prestare all’uomo in nero, ma dato che eravamo in molti a scroccare non servì a granchè. Ormai i duellanti erano quasi arrivati al luogo convenuto, quando ci furono continuarono a fissarsi a lungo. Poi il controllore ghignò nuovamente:-Allora, ce l’hai il biglietto?

Johnny sorrise appena. Alzò la mano sinistra. Per un istante tutti smisero di respirare e pensarono che gli avrebbe sferrato un cazzottone che avrebbe disfatto il malcapitato in un mucchietto di polvere. Una goccia di sudore scivolò gelata dalla mia fronte, lungo la guancia e sul pavimento. Johnny non lo disintegrò. Invece dalle sue dita comparve una carta. Un asso di picche. Gliela lanciò addosso e, non so come, quando arrivò in mano all’altro era un biglietto dell’ATM regolarmente timbrato e ancora valido.

-Ma…ma…-mormorò il controllore sbalordito, almeno quanto il resto dei passeggeri.

Johnny gli voltò le spalle e a passi lentissimi, assaporando lo stupore di tutti, tornò alla sua chitarra, che lo aspettava in testa, alle spalle del conducente.

Subito dopo i passeggeri si riversarono urlanti nel corridoio, afferrarono il controllore per mani e piedi e lo incaprettarono con un pigiama di flanella comprato da una signora filippina al mercato.

A questo punto ci voleva una canzone, e Johnny lo sapeva. Barcollando appena nonostante i curvoni parabolici affrontatill’autobus aprì la custodia, tirò fuori la sua chitarra (nera) e attaccò “Ring of Fire”!

Provocando battimani, cori e danze sulla 90 che correva sobbalzando verso il tramonto di cemento della circonvallazione…


lunedì 13 luglio 2009

Jack Ritchie "E' ricca, la sposo e l'ammazzo"


Qualcuno identificherà il titolo di questa raccolta come lo stesso di un divertentissimo film degli anni 70' con Walter Matthau (qualcuno lo replichi per pietà!).
Una mossa abile da parte di Marcos Y Marcos, anche perchè il racconto che ha ispirato la pellicola si chiama in realtà "Una nuova foglia".
Nato nel 1922, Jack Ritchie può essere considerato uno scrittore di "Hard Boiled", storie tra il giallo ed il noir che hanno per protagonisti poliziotti, investigatori privati e galeotti: gente dura, senza scrupoli che rimane tale anche se (a volte molto casualmente) si trova dalla parte dei buoni. Ma anche contadini, insospettabili cittadini dall'apparenza onesta e piccoli truffatori.

Quello che li distingue dai loro "colleghi" di genere (Sam Spade e soci) è il fatto di essere così umani. Dal malato terminale che diventa giustiziere di villani al galeotto in fuga che si sente più a casa dietro le sbarre che fuori, hanno quasi tutti qualche buffa debolezza che li rende simpatici. E pure se non si dispiacciono mai troppo di aver ammazzato qualcuno e come un Sam Spade o un Marlowe si aspettano il peggio dal prossimo, cercano di usare la violenza il meno possibile.
Sono, è vero, dotati di incredibile furbizia e spesso si scontrano con avversari di pari e superiore intelligenza in duelli d'ingegno e sono capaci di trovarsi dalla parte sbagliata di una pistola e ribaltare in modo sorprendente la situazione nel giro di poche pagine, di farci credere di essere ciò che non sono e di possedere ciò che non hanno.

Ritchie è un abile narratore, limpido, chiaro, sottilmente ironico. Le trame sono semplici ma articolate, riesce a rendere un'indagine poliziesca comprensibile perfino ad una lettrice senza speranza come me.
I suoi racconti sono estremamente piacevoli, divertenti, per niente scontanti. Non contengono tonnellate di descrizioni fisiche o d'ambiente o complicate sequenze d'azione, dunque ben si prestano all'interpretazione cinematografica, che può aggiungere particolari in quantità, senza scontentare spettatori o lettori. Non è un caso che Hitchock ne abbia utilizzati diversi come spunto per i telefilm della nota serie "Alfred Hitchcock presenta".
Le storie migliori però restano quelle che coinvolgono personaggi non avvezzi alle situazioni criminose ("Dedicato a tutti i villani", "Resti da vedere", "Il miglior guidatore della contea"), ma che dimostrano come per fare bene certe cose non sia necessario essere "del mestiere".
Chiudo con una curiosità per gli appassionati di pugilato: Jack Ritchie era un pugile dilettante e pare abbia scritto diverse storie sul tema. Vale la pena di cercarle.

Jack Ritchie "E ricca, la sposo e l'ammazzo" Marcos Y Marcos, 2001


sabato 11 luglio 2009

Dresden, Finally!




Nel 2007 durante un viaggio all'estero scoprii uno dei libri più incredibili e superlativi mai scritti e il suo altrettanto incredibile e straordinario autore. Il titolo è Mattatoio 5 e lo scrittore è il magnifico Kurt Vonnegut.

Ci sono libri che ti cambiano la vita, che come il disco di quel musicista di cui diventerai il più grande fan ti fanno fare un salto sulla poltrona ed esclamare "Uao, non ci credo!".

Nelle poche pagine di "Mattatoio 5" si snodano centinaia di esistenze tenute insieme da un espediente tipico della fantascienza (il viaggio nel tempo) che ha permesso a Kurt di attingere solo al cuore degli avvenimenti, lasciando fuori gli elementi superflui e dando una potenza emotiva deflagrante. La quantità di fatti e di personaggi condensati in questa storia è tale che farne una riduzione cinematografica o teatrale risulta difficilissimo.
Quando fu pubblicato negli anni 60' divenne il manifesto antimilitarista per eccellenza. Ma differentemente da altre opere, anche a distanza di 40 anni mantiene non solo la sua efficacia in questo senso, ma assume nuovi significati. Billy Pilgrim, il protagonista, non è solo un giovane segnato irrimediabilmente dalla tragedia della seconda guerra mondiale ed in particolare dall'aver assistito alla distruzione di Dresda compiuta dagli alleati; il suo sguardo assente e rassegnato scruta la vacua vita della piccola borghesia americana senza illusioni, senza piacere, senza orgoglio. Nulla riesce a toccarlo, non il matrimonio, non la nascita dei figli, non la ricchezza.

Tornando a Dresda, dopo aver letto "Mattatoio 5" ed esserne rimasta bruciata, mi sono messa in testa di visitarla. E finalmente, dopo 2 tentativi andati a vuoto, la settimana scorsa ci sono riuscita.
Dresda era nota prima della guerra come "La Firenze del Nord": doveva essere veramente magnifica, piena di costruzioni barocche sfrenatamente lussuose, tutte ori e stucchi. Dopo il conflitto che la portò ad essere rasa al suolo passò alla Germania dell' Est e nel 1989 tornò ad essere parte del mondo occidentale.

Dunque cosa ho trovato al mio arrivo?
Beh, molto poco. Anzi niente. Non che mi aspettassi o sperassi in pile di cadaveri carbonizzati o allucinanti monumenti in memoriam. Ma a causa di tutti questi passaggi di mano, non c'è rimasta quasi traccia della storia di questa città. Pochi edifici centrali sono stati ricostruiti, ad uso e consumo dei turisti.
Per il resto, la DDR prima e il nuovo corso tedesco poi, hanno smontato, demolito, sostituito il passato. Non c'è proprio niente che si riferisca a Kurt Vonnegut (in effetti negli anni 60 sarà stato difficile reperire un suo libro da quelle parti) e solo una targa nel giardino dello Zwinger in centro ricorda il bombardamento del 13 Febbraio 1945.

L'impressione che ne ho avuto è di un tentativo continuo di dimenticare, prima la guerra per essere rimpiazzata dal comunismo e poi il comunismo stesso per essere rimpiazzato dal nuovo capitalismo. Forse è meglio così, chi può dirlo.
Per tutta la gita ho avuto come l'impressione di stare inseguendo un fantasma, una specie di visione nella mia testa che nessun altro pareva condividere. Ammetto di essere stata un pò disperata e ad un certo punto ho pure chiesto al resto del gruppo di accompagnarmi alla "Via del Mattatoio" per vedere se almeno lì trovavo traccia di Billy Pilgrim. Niente da fare.


giovedì 9 luglio 2009

Vi presento i miei

Tanto per cominciare, ecco alcuni dei miei scrittori preferiti. Ognuno di loro è responsabile di un'idea, una sensazione bella o brutta, un sogno, una decisione, qualcosa d'importante nella mia vita di lettrice e non solo. Perchè i libri sono potenti e possono arrivare in fondo alla nostra mente e al nostro cuore...


































































































































Dal basso in alto ( ma solo graficamente):
Ambrose Bierce, Raymond Carver, Ray Bradbury, Joyce Carol Oates, Michael Faber. Chuck Palahniuk, Nikolaj Gogol, Oscar Wilde, Joe Lansdale, Mark Twain, Rudyard Kipling, H.G. Wells, Kurt Vonnegut, Michail Bulgakov, Shirley Jackson...