lunedì 31 dicembre 2012

Lui non è qui: "Radio libera Albemuth"


Pensate ad un libro che avete letto. Pensate alla trama, allo svolgimento, al finale. Quasi sicuramente potreste descrivere queste fasi, e potreste anche fare una serie di considerazioni piuttosto precise su quale fosse l'intenzione che voleva comunicare lo scrittore, il messaggio del libro, quale il ruolo esatto del protagonista. Leggere un romanzo di Philip Dick rappresenta la disposizione d'animo a rinunciare in parte o completamente a queste certezze per lasciarsi andare ad un flusso di eventi che può prendere qualunque direzione, anche più di una per volta, in cui diverse realtà possono sovrapporsi, contrastarsi ed annullarsi. I suoi personaggi possono essere sempre smentiti, e da profeti diventare in un istante dei pazzi scatenati la cui immaginazione è dilagata oltre confini controllabili. Oppure possono sdoppiarsi, o rimanere semplicemente dei nomi, senza faccia e senza corpo.

Nick Brady, commesso di un negozio di dischi in una città universitaria è tormentato da visioni misteriose e sogni. Per cercare di darvi una spiegazione si rivolge all'amico Philip Dick (proprio lui!), il quale ha un punto di vista decisamente razionale e realistico. Man mano che le visioni prendono letteralmente possesso della vita di Brady e s'intrecciano con le vicende politiche degli Stati Uniti, caduti nelle mani di Ferris Freemont (un dittatore regolarmente eletto che viene identificato dai più con Richard Nixon, detestato da Dick), le ipotesi sulla loro natura si moltiplicano, vengono in parte confermate e in parte smentite, nuove teorie si aggiungono in continuazione, e le naturali inclinazioni dei protagonisti si esasperano, mentre Nick viene trascinato dal misticismo, Philip cerca disperatamente di tenere i piedi per terra e sé stesso e l'amico fuori dai guai.

Questo romanzo è in realtà la stesura originale del libro che venne pubblicato nel 1978 col titolo di “Valis” e che introduce la cosiddetta “Trilogia di Valis”; la vicenda autobiografica da cui prende spunto, è sicuramente nota ai fan dello scrittore, e tuttavia per chi non la conosce è sorprendente: le visioni descritte da Brady, e molte delle cose che gli accadono sono state vissute dallo stesso Dick nel 1974, durante un'esperienza che lo convinse -come accade allo stesso Nick - di stare vivendo una doppia vita, nel presente come scrittore, e nel passato come cristiano perseguitato dai romani. Queste due realtà si alternano continuamente all'interno della narrazione e generano i due personaggi principali, che altro non sono se non due aspetti della personalità dell'autore, diviso tra una visione mistica e fatalista ed una razionale e atea.
A tenerle insieme è lo scopo ultimo di sconfiggere Ferris Fremont: di lui si parla per tutto il libro, se ne racconta la storia e le azioni, e tuttavia egli non compare mai se non appunto attraverso le parole degli altri personaggi: una specie di inesistente eppure potente Mago di Oz, rappresentato e incarnato dalle proprie spie, senza sostanza e senza meriti. Ancora una volta la realtà si sdoppia e gli Stati Uniti del racconto sono l'emanazione, il riflesso di quelli governati da Nixon. L'atmosfera s'incupisce progressivamente, si percepisce con chiarezza la crescente disperazione; per sconfiggere il comunismo vengono utilizzati gli stessi mezzi di delazione e spionaggio conosciuti ed applicati dal KGB o dalla Stasi, e la teoria che ne ricava Dick sulla guerra fredda è geniale e facilmente applicabile ai conflitti contemporanei che vedono coinvolti Oriente e Occidente.
Trasportati nel tempo e nello spazio fisico e psichico, i lettori sono esposti a un flusso continuo di visioni, spiegazioni, smentite, nuove teorie, e fatti che disorientano e fanno dubitare fino all'ultimo su quale sia la vera realtà.

L'avventura di Nick e Philip ha un termine, ma non ci restituisce neanche la certezza della sconfitta. Dick ha saputo realizzare perfettamente il dubbio perenne tra vero e falso, la sensazione di non
appartenere completamente al mondo che abbiamo sotto gli occhi (come già fece Lovecraft), oltrepassando continuamente il confine tra illusione e possibile verità, che in questo romanzo diventa anche una questione di ricerca personale e misticismo, un tema che inevitabilmente
coinvolge nel profondo i suoi lettori. Ad un livello più concreto, è stato in grado di descrivere nella sua contemporaneità situazioni sovrapponibili al nostro presente, non solo come semplici fatti, ma anche come ideologie e pensiero.

Mi chiedo, dato quello che “Radio Libera Albemuth” rappresenta sia a livello letterario che personale per lo scrittore, se per chi come me abbia letto poco di lui non sia meglio passare prima di questo ad altri romanzi, magari proprio quelli che lo stesso Philip Dick cita in questo: “La svastica sul sole”, “Le tre stigmate di Palmer Eldrich” e “Scorrete lacrime, disse il poliziotto”. La lettura è comunque ricca e appassionante, ma forse con un minimo di preparazione ce la si gode di più.

(Philip K.Dick "Radio Libera Albemuth" 2007 Fanucci Editore)



giovedì 27 dicembre 2012

Beata Solitudine: Jonathan Franzen, "Come Stare Soli"


Dopo la folgorante esperienza di “Le correzioni”, invece di leggere subito il romanzo seguente di Jonathan Franzen (“Libertà”), sono stata attratta dal titolo di questa raccolta di articoli e saggi degli anni '90. Tema portante è l'evoluzione della società americana degli ultimi decenni e la crescente difficoltà che incontra l'individuo a stare nel mondo mantenendo la propria unicità negli spazi personali sempre più limitati concessi dalla globalizzazione.
Intellettuale, colto ma non spocchioso, Franzen analizza lucidamente una serie di esperienze personali che si collegano ai fenomeni generalizzati del mutamento dei costumi e della cultura di massa. Dal morbo di Alzheimer (malattia che colpì il padre) al vizio del fumo, dall'occasione (mancata) di entrare nell'Ophra Winfrey's Book Club, alle conseguenze inaspettate della costruzione di un carcere di massima sicurezza in una zona desolata e semi abbandonata, lo scrittore ricerca a partire da sè gli effetti delle politiche e dei comportamenti della massa e viceversa, in un continuo rimando dal singolare al plurale che sottolinea quanto ognuno di noi sia -volente o nolente- connesso con l'esterno.

Noi tutti viviamo assediati dall'invadenza di giornali e televisione, immersi nella cacofonia mediatica e trascinati in un delirio tecnologico a basso prezzo che serve a tenerci occupati mentre la cultura perde valore e con essa il miglioramento personale. La diffidenza di Franzen verso ciò che la maggior parte della società ha ormai assimilato non è snobismo intellettuale, ma vero disagio (tipico probabilmente delle generazioni che hanno assistito alla digitalizzazione globale) verso un mondo in costante accelerazione in cui la cultura viene somministrata agli utenti in maniera sempre più approssimativa, con un vantaggio del mezzo e della forma di diffusione a discapito della sostanza dell'informazione.
Questo processo porta all'omogenizzazione dei modi e dei desideri e rende l'essere sé stessi un'impresa difficile: le alternative al mainstream sono sempre meno, la formazione delle persone e le possibilità di deviazioni dalla strada segnata più limitate. L'impoverimento personale del singolo, l'appiattimento che ne deriva, si riflette direttamente sulla letteratura contemporanea, che si trova sempre più a corto di personaggi interessanti e situazioni articolate.
L'unica via di scampo sembra trovarsi nella letteratura e in quello stare soli, nella dilatazione dei tempi che comportano il leggere e lo scrivere, ma anche nel non farsi inghiottire dalla tecnologia e dall'illusione che possa risolvere ogni cosa, e nel non vergognarci di sentirci fuori posto, coltivando anzi il nostro senso critico e la capacità di riconoscere quello che ci piace o non ci piace.

Jonathan Franzen è un osservatore acuto e sincero, che accompagna il lettore con una scrittura che rende piacevoli anche i passaggi più complessi della sua indagine: è confortante rendersi conto di condividere con lui un certo pessimismo e più di un dubbio sul modo in cui stanno cambiando la società e la cultura. Un libro estremamente gradevole anche per chi, come la sottoscritta, non è abituato a leggere saggi, che aiuta ad essere più consapevoli del mondo che ci circonda.

(Jonathan Franzen “Come stare soli” 2003 Einaudi)







mercoledì 26 dicembre 2012

Natale tra le pagine

I libri accompagnano le situazioni e gli stati d'animo del momento in cui li leggiamo. Assecondano le emozioni e la nostra struttura di pensiero. Una volta, quand'ero molto più giovane e molto depressa leggevo "Dalia Nera" di James Ellroy la Vigilia di Natale. Lo scorso anno ero alle battute finali de "Le Correzioni" di Jonathan Franzen e nel 2012, con diverse recensioni arretrate a causa del lavoro e il desiderio di storie che siano prima di tutto (ma non solo) questo, storie, balle, racconti, mi sto cimentando con "Il Giorno dei Trifidi" di John Wyndham. Per dire, non avrei potuto mai leggere in questi giorni un romanzo di Dick, che oltre al pessimismo cosmico (di cui abbondo) è sicuramente troppo complesso da seguire nei suoi meandri di pensiero in questi giorni di visite parentali, tensione lavorativa che scende lasciando il campo alla rilassatezza mentale, e grandi dormite ristoratrici.
Avrei voglia di chiudermi in casa con le mie pile di libri, e concentrarmi solo sulla lettura e sulla scrittura, ma non è ancora il momento.
Passando ad altro ma rimanendo in tema, quest'anno a Natale non ho regalato molti libri, forse perchè non avevo tempo per sceglierli e ho così preferito regalare solo titoli sicuri, per un motivo o per l'altro. Eccoli:
-"Ritratto di Famiglia con Superpoteri" di Steven Amsterdam, ISBN Edizioni, destinato a Ciambella, che ha la fissa dei Super Eroi;
-"La Ragazza dai Capelli Strani" di David Foster Wallace, edito da Minimum Fax, per la cuginetta che era curiosa di conoscerlo (in bocca al lupo, cara!);
-"Proprietà Privata", racconti di Richard Yates, sempre Minimum Fax, per l'amica a cui devo la scoperta di Agotha Kristoff...
-"L'arte della Scrittura" di Robert Louis Stevenson, editore Mattioli, un manualetto per ispirare chi ha voglia di scrivere.

Io di libri in regalo ne ho ricevuto solo uno, che però promette bene, visto che si tratta di una raccolta di
Mc Sweeney (sì, lo so, il "Best of Mc Sweeney" che ho recensito poco tempo fa non mi aveva entusiasmato, tuttavia il nome rimane una garanzia), anche perchè tra le autrici ci sono A.M. Homes e Zadie Smith.

In attesa della Befana, che di solito porta molti libri, ci auguro Buone Letture delle vacanze, e un 2013 pieno di bei libri e tanta scrittura. E se qualcuno vuole lasciare nei commenti i titoli di qualche libro ricevuto in regalo...è il benvenuto.






domenica 9 dicembre 2012

Salone del libro usato 2012

Se oggi avete tempo, fate un salto al Salone del Libro usato di Milano, che come ogni anno bancarelle di libri usati, una vera pacchia. Io non ce la faccio, troppo da fare...Andateci anche per me.