giovedì 27 dicembre 2012

Beata Solitudine: Jonathan Franzen, "Come Stare Soli"


Dopo la folgorante esperienza di “Le correzioni”, invece di leggere subito il romanzo seguente di Jonathan Franzen (“Libertà”), sono stata attratta dal titolo di questa raccolta di articoli e saggi degli anni '90. Tema portante è l'evoluzione della società americana degli ultimi decenni e la crescente difficoltà che incontra l'individuo a stare nel mondo mantenendo la propria unicità negli spazi personali sempre più limitati concessi dalla globalizzazione.
Intellettuale, colto ma non spocchioso, Franzen analizza lucidamente una serie di esperienze personali che si collegano ai fenomeni generalizzati del mutamento dei costumi e della cultura di massa. Dal morbo di Alzheimer (malattia che colpì il padre) al vizio del fumo, dall'occasione (mancata) di entrare nell'Ophra Winfrey's Book Club, alle conseguenze inaspettate della costruzione di un carcere di massima sicurezza in una zona desolata e semi abbandonata, lo scrittore ricerca a partire da sè gli effetti delle politiche e dei comportamenti della massa e viceversa, in un continuo rimando dal singolare al plurale che sottolinea quanto ognuno di noi sia -volente o nolente- connesso con l'esterno.

Noi tutti viviamo assediati dall'invadenza di giornali e televisione, immersi nella cacofonia mediatica e trascinati in un delirio tecnologico a basso prezzo che serve a tenerci occupati mentre la cultura perde valore e con essa il miglioramento personale. La diffidenza di Franzen verso ciò che la maggior parte della società ha ormai assimilato non è snobismo intellettuale, ma vero disagio (tipico probabilmente delle generazioni che hanno assistito alla digitalizzazione globale) verso un mondo in costante accelerazione in cui la cultura viene somministrata agli utenti in maniera sempre più approssimativa, con un vantaggio del mezzo e della forma di diffusione a discapito della sostanza dell'informazione.
Questo processo porta all'omogenizzazione dei modi e dei desideri e rende l'essere sé stessi un'impresa difficile: le alternative al mainstream sono sempre meno, la formazione delle persone e le possibilità di deviazioni dalla strada segnata più limitate. L'impoverimento personale del singolo, l'appiattimento che ne deriva, si riflette direttamente sulla letteratura contemporanea, che si trova sempre più a corto di personaggi interessanti e situazioni articolate.
L'unica via di scampo sembra trovarsi nella letteratura e in quello stare soli, nella dilatazione dei tempi che comportano il leggere e lo scrivere, ma anche nel non farsi inghiottire dalla tecnologia e dall'illusione che possa risolvere ogni cosa, e nel non vergognarci di sentirci fuori posto, coltivando anzi il nostro senso critico e la capacità di riconoscere quello che ci piace o non ci piace.

Jonathan Franzen è un osservatore acuto e sincero, che accompagna il lettore con una scrittura che rende piacevoli anche i passaggi più complessi della sua indagine: è confortante rendersi conto di condividere con lui un certo pessimismo e più di un dubbio sul modo in cui stanno cambiando la società e la cultura. Un libro estremamente gradevole anche per chi, come la sottoscritta, non è abituato a leggere saggi, che aiuta ad essere più consapevoli del mondo che ci circonda.

(Jonathan Franzen “Come stare soli” 2003 Einaudi)







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