domenica 29 settembre 2013

La dolce solitudine: Alice Munro "Le lune di Giove"

Era da molto tempo che mi ripromettevo di leggere un libro di Alice Munro, considerata la più importante scrittrice di racconti contemporanea. Finalmente mi sono decisa a fare il grande salto e tra i molti volumi disponibili di Einaudi ho scelto “Le lune di Giove”, titolo affascinante e vagamente fantascientifico. In realtà la materia che maneggia l'autrice canadese non è uranio né qualche metallo esotico, ma quella ben più sfuggente e instabile dei pensieri, dei sentimenti e delle sensazioni. Sono questi a costituire la carne delle sue storie, a tenere insieme fatti e personaggi descritti con estrema solidità e incredibile ricchezza di sfumature. Tutto il loro mondo interiore è reso con precisione e lucidità, così come avvenimenti drammatici e descrizioni a dir poco raccapriccianti come in “L'incidente” o “La stagione dei tacchini”. Le protagoniste dichiarate sono tutte donne, di qualsiasi età, colte nel momento in cui diventano consapevoli di un'incrinatura nel loro rapporto con un uomo. Può essere un collega di lavoro per il quale si ha una cotta o il proprio marito o un giovane colpito da ictus al quale si sta cercando di dare una mano: la “rivelazione”, arriva in un momento qualsiasi, magari in età avanzata, dopo anni di matrimonio oppure ancora prima che una vera relazione sbocci, e porta con sé la cognizione di una profonda solitudine, dell'impossibilità di essere realmente tutt'uno con un uomo. A volte è una conoscenza dolorosa, altre è una semplice constatazione, altre ancora è una scelta vissuta orgoglio. Così ad esempio ne “I Chaddeley e i Fleming” la stessa situazione è vista da due prospettive totalmente diverse, e mentre le zitelle Chaddeley non soffrono affatto della propria condizione, anzi godono della libertà che gli concede la mancanza di legami sentimentali, le loro controparti Fleming pur essendo incapaci di immaginarsi una vita diversa da quella che vivono sono inconsapevolmente indurite dalla loro solitudine. Spesso gli eventi -che si provano sintomatici di un accadimento futuro o di comportamento solo apparentemente sorprendente- sono resi attraverso il ricordo, e il racconto è composto su diversi piani temporali tenuti insieme dai pensieri della protagonista o della narratrice.
Da questa struttura che sembra porre l'accento sulla sensibilità e sull'intimità dei sentimenti femminili, emergono per contrasto, chiare e taglienti, figure di uomini che influenzano e talvolta decidono la direzione che le vite delle donne prenderanno: dal professore di chimica che finalmente lascia la moglie e sposa l' amante per pura affermazione della propria libertà personale, al superficiale ed affascinante antropologo che colleziona relazioni su relazioni, al suo rozzo amico che fa discorsi lugubri ed umilianti sulla natura femminile. Questa posizione di immeritato dominio accentua la sensazione che una reale, duratura sintonia tra generi sia impossibile, che un uomo non possa veramente essere il completamento di una donna e che quest'ultima resti sempre e comunque libera e sola.
Sullo sfondo si inseguono periodi temporali più o meno definiti (l'inizio del 1900, gli anni quaranta...) che portano un bagaglio di moralismi e convenzioni che le donne di Alice Munro più o meno coscientemente sfidano e spesso vincono. Tutto questo può far pensare ad una scrittrice femminista, ma non saprei se confermare questa supposizione, le protagoniste di questi racconti sono tutt'altro che femministe e attraversano la disillusione senza cinismo, come se l'avessero sempre prevista, come se di fatto non le avesse colte di sorpresa.
Il solo vero difetto che ho trovato in questa raccolta è una nota monotona nell'atmosfera, che -forse a causa della narrazione mutuata dal ricordo, in cui l'azione è poca e compatta (con qualche eccezione)- risulta a volte un po' troppo uniforme.


(Alice Munro “Le lune di Giove” 2008 Einaudi)

mercoledì 25 settembre 2013

Tre Link

Vi propongo tre link interessanti passatimi da Ciambella:
Il primo è un breve articolo sull'illustratore John Kenn Mortensen, specializzato in mostri e bambini, lo trovate qui.
Il secondo è un curioso blog "Copertinedilibri" i cui post sono realizzati accostando diverse copertine di libri diversi accomunate dalla stessa immagine, eccolo qua.
Il terzo e ultimo è un blog più classicamente letterario ed editoriale, si chiama "Cose da libri", e la sua autrice è un'editor. Molto interessante...e lo trovate quo . Buona lettura.

venerdì 6 settembre 2013

Sweet Dreams are made of this: "Fare Editoria", Luca Leone

Come moltissime persone ho un sogno, lavorare in mezzo ai libri: come autrice, disegnatrice, bibliotecaria, libraia o editore, qualsiasi cosa andrebbe bene. Ma di come si fanno i libri, di come
arrivano in libreria, delle ragioni della continua crisi dell'editoria non ne sapevo nulla, e nemmeno sono stata in grado recuperare informazioni per farmi un'idea di come funzioni il sistema. Questo volumetto ha posto infine termine alla mia ignoranza, e la nebbia mitica che avvolge il mondo degli editori italiani ha iniziato a dissolversi. Per rivelare purtroppo una situazione agghiacciante, che però è meglio conoscere.
Creare un libro, pubblicarlo e venderlo non è semplice, e non solo per una questione di soldi: bisogna conoscere l'oggetto-libro, mantenere relazioni con i distributori, sapersi promuovere, saper scegliere gli autori e sviluppare i progetti editoriali, conoscere le nuove tecnologie, i calendari di pubblicazione e (soprattutto) l'infernale sistema burocratico e di tassazione italiano. Ognuna delle figure che ruotano intorno ai libri ha parte attiva nella loro vita, anche i lettori, normalmente portati a vedersi come passivi, in balìa delle scelte delle case editrici e di conseguenza del mercato; in realtà contribuiscono in non poca misura alla vita dei libri e alla cultura. L'acquisto di un bene è di per sé un gesto forte, e quando compriamo un libro favoriamo un certo tipo di autore, di casa editrice, di libraio: rifornirsi di letture in una piccola libreria o in un megastore o in un supermercato non è la stessa cosa, e il vantaggio di risparmiare qualche centesimo può essere alla lunga un danno; nemmeno scegliere un volume “di grido”, un titolo scritto da qualcuno già noto o da un autore meno conosciuto che però potrebbe avere qualcosa di nuovo da dire è qualcosa che non ha conseguenze. Certo, la fiducia non va data a chiunque a prescindere, solo perchè sconosciuto o pubblicato da una piccola casa editrice, ma per lo stesso motivo non bisogna escludere determinati autori dalla nostra ricerca e non dargli una possibilità. Luca Leone chiama il lettore in causa togliendogli il ruolo di semplice consumatore, dandogli delle precise responsabilità e con esse gli ricorda che scegliere un libro è qualcosa che prende tempo e che va fatta con calma e amore.
Ovviamente anche autori, editori, distributori e librai hanno dei doveri, e sono sia pratici che deontologici. Questo libro non ha solo il merito di spiegare in modo limpido, appassionato e piacevole come funziona l'editoria italiana, ma anche di chiarire le relazioni e i ruoli -strettamente collegati tra loro- di ognuno dei protagonisti in gioco. Quando si conoscono i fatti ci si sente più comprensivi per i prezzi dei libri, esagerati ma dovuti ad un carico fiscale veramente assurdo, e desiderosi di seguire le piccole case editrici, quelle che di fatto scoprono i nuovi talenti e sono fonti di novità e varietà in un panorama che appare sempre più appiattito e conservatore. Non mancano un capitolo (piuttosto divertente) dedicato agli autori che contiene anche qualche utile consiglio per chi voglia presentare i propri lavori ad una casa editrice, e uno che si occupa dell'ebook e spiega perfettamente i motivi pratici e affettivi per cui questo mezzo difficilmente riuscirà a sostituire il nostro amato libro di carta.
Finita la lettura certamente i sogni (anche i miei) si saranno ridimensionati, ma saremo in grado di apprezzare il lavoro che sta dietro ad ogni volume e di fare scelte più consapevoli e soddisfacenti. Vi consiglio anche di visitare il sito di Infinito Edizioni, molto ben fatto.

(Luca Leone “Fare Editoria”, 2013 Infinito Edizioni)





giovedì 5 settembre 2013

Leggere e Rileggere

La vita è breve, i libri sono tanti. Perciò è difficile che io rilegga un libro se non a distanza di molti mesi (o anni); le eccezioni sono rappresentate da romanzi per me fondamentali come Mattatoio 5, che in un anno ho riletto cinque volte; oppure da dubbi di puntigliosa traduzione, come per “Fate a New York” di Martin Millar, che rilessi a distanza ravvicinatissima in Italiano e in Inglese. Ma il caso più eclatante appartiene alla mia infanzia, quando consumai “Me ne infischio di Re Cetriolo!” di Christine Nostlinger (con due puntini sulla "o", che però non trovo...), un antico tascabile BUR Ragazzi, leggendolo almeno nove volte. Cavolo, se era un bel libro, quello.
 Piccina piccina, l'unica immagine che ho trovato della copertina originale dell'indimenticabile  "Me ne infischio di Re Cetriolo!" 
Rileggere può essere rischioso. Molte volte riprendere in mano quello che ricordavamo come un capolavoro è deludente e ci convince di aver preso a suo tempo un atroce abbaglio. Mi è capitato di rimettere gli occhi su pagine che mi avevano entusiasmata da ragazzina e che mi hanno delusa, addirittura annoiata da adulta (alcuni passaggi del “Ritratto di Dorian Grey” di Oscar Wilde, che per me è stato un romanzo di formazione anche del gusto per la letteratura, un vero e proprio rito di passaggio; “Il mastino dei Baskerville” di Conan Doyle, che mi aveva incantata con la descrizione della brughiera ma che si è rivelato molto meno appassionante come giallo; la scrittura di “American Tabloid” di James Ellroy, fitta, frammentata, devastante), ma mai il contrario, anche perchè difficilmente siamo disposti a riprendere in mano un libro che non ci è piaciuto. Leggere è un'attività che assorbe tempo e non sembra sensato sprecarne dietro a pagine che già abbiamo sperimentato come non esaltanti. Quando rimaniamo delusi è -abbastanza banalmente- perchè la nostra esperienza supera quello che eravamo in quel determinato momento e a volte le emozioni che abbiamo provato vengono sommerse dalla consapevolezza che il prodotto letterario non ci piace più, non aderisce più a quello che siamo e cerchiamo ora, o che era qualitativamente più modesto di quanto ci ricordavamo. Insomma, non dipende solo dal libro, ma da noi, da quanto siamo cambiati. Certo, migliore è lo scritto, più difficile è che si possa essere delusi. Ed essere riletti non è per tutti i libri. Non è un caso che ci si senta più portati a rileggere i classici, che facilmente apprezzeremo come prima e più di prima trovandovi sempre qualcosa di nuovo che fa eco al noi di quel momento. Io stessa ammetto che incalzata dai consigli di critici e amici potrei forse rileggere “Il Gattopardo” o Cesare Pavese (inflittimi alle scuole superiori e cancellati dalla memoria), e non escludo che potrei cambiare la mia opinione su di loro.
La lettura è emotiva e di quella ricordiamo soprattutto le sensazioni, il divertimento o la noia, mentre la rilettura è di testa: pure senza intenzione analizziamo la lingua, ci fermiamo sui passaggi più belli, le relazioni tra i personaggi, i sottotesti, i particolari che non avevamo notato o non ricordavamo. Ciò non toglie nulla al piacere, anzi: è un piacere diverso, in un certo senso più consapevole e più profondo. Rileggendo qualche mese fa “Cuore di Tenebra” di Conrad, dopo sei anni vi ho ritrovato lo stesso senso di caduta e di follia che avevo sperimentato la prima volta – in questo è un libro straordinario, sul piano del coinvolgimento emotivo rimane intatto e “pericoloso”- e in più considerazioni nuove, legate anche ai temi del razzismo e dell'imperialismo.
La mia lentezza di lettura m'impedisce però di ripetere troppo spesso l'esperimento perchè ci sono tantissimi libri che vorrei leggere e anche così chissà quanti non riuscirò mai nemmeno ad aprire.
Ma se decidessi di invertire la rotta e tornare sui miei passi letterari, quali libri vorrei rileggere? Ecco alcuni titoli. Ovviamente sono libri che ho amato, ognuno per motivi diversi, e noterete che molti sono classici...

“Huckleberry Finn” di Mark Twain,
“Il segno dei quattro” di Arthur Conan Doyle,
“Il Maestro e Margherita” di Mikhail Bulgakov,
“I racconti di Pietroburgo” di Nikolaij Gogol,
“Il canto della neve silenziosa” di Hubert Selby Jr,
“Il giovane Holden” di Salinger (un altro caso di rilettura seriale: per tre volte l'ho completato e pur piacendomi non ho mai compreso il grande entusiasmo dei critici)
“Freddo a Luglio” di Joe Lansdale
“Sotto la pelle” di Michel Faber