A volte capita di leggere un libro e
non rimanerne soddisfatti: apparentemente tutto funziona, dalla
trama, alla costruzione della vicenda, al finale, però manca
qualcosa. In questi casi -specialmente se si tratta di autori
importanti- a volte resta il dubbio di essersi lasciati sfuggire
qualcosa, di non aver afferrato il significato profondo della storia,
per tonteria o per ignoranza. E' così che mi sono sentita
concludendo “Assurdo Universo”.
Di Fredric Brown avevo letto con grande
sollazzo “Marziani andate a casa!” e mi aspettavo una storia
altrettanto scoppiettante e divertente. Questo libro è però molto
diverso: mentre nel romanzo del 1955 il nucleo generante della storia
è l'idea di un'invasione di piccoli alieni dispettosi e ficcanaso e
delle conseguenze sul sistema di vita terrestre, in questo del 1948
il disegno è molto più ampio. Potremmo quasi parlare di
“fantascienza filologica”, in quanto tutti i temi classici che
sono stati sviluppati dalla sci-fi nei decenni successivi si trovano
in queste pagine: mostri alieni che attaccano la terra, la conquista
dello spazio, mondi paralleli, eccetera, eccetera. Non è un caso che
il protagonista sia il direttore di una rivista di racconti di
fantascienza, Keith Winton, conosciuto dai suoi lettori come L'uomo
dei razzi. Egli, ospite del suo capo per il fine settimana, si
trova nel giardino della grande villa di Catskill ad aspettare di
vedere il lampo che segnerà l'arrivo di un missile terrestre sulla
superficie della Luna. Un momento è lì a guardare il cielo e subito
dopo si trova steso a terra. Non sa dove si trova (la casa del suo
capo non è più lì) né come abbia fatto ad arrivare in quel luogo.
Keith ritiene di essere ancora nel suo mondo, ma nonostante la
somiglianza -non tarderà a scoprirlo- questo è decisamente un'altra
cosa: i dollari sono fuori legge, per le strade passeggiano mostri
viola alti più di due metri e il nome dell'editore della sua rivista
non si trova sull'elenco telefonico...Per Keith è l'inizio di
un'Odissea alla scoperta di una Terra sconosciuta e alla ricerca di
un modo per tornare da dove è venuto, prima cercando di vivere una
vita simile alla sua e poi, quando il tentativo fallisce, prendendo
una strada che non si sarebbe aspettato di percorrere. Partendo dal
ritmo sonnolento delle prime pagine di introduzione e poi di stupore
del protagonista l'azione diventa più veloce man mano che si penetra
nella logica della realtà che suo malgrado lo ospita, per accelerare
definitivamente nel finale. Le invenzioni che mette in atto Brown per
costruire la New York alternativa in cui precipita il nostro eroe
sono brillanti, creano un meccanismo delicato e perfettamente
funzionante in cui ogni cosa ha una sua spiegazione; gli basta poco
per stravolgere il mondo come lo conosciamo pur mantenendone la
stessa apparenza in superficie. La realtà altro non è se non una
produzione della nostra percezione di essa e dei nostri pensieri, e
come questi sono infiniti, così lo sono le realtà possibili. Il
doppio finale è in senso letterario una vera ciliegina, delle due
conclusioni una la conosceremo, mentre l'altra rimarrà ignota .
I personaggi a mio avviso rientrano in
una serie di stereotipi e risultano un po' piatti. Keith Winton è
simpatico, ma nonostante il cambiamento che subisce nel corso del
libro non resta particolarmente impresso; il suo innamoramento per
una collega (elemento che percorre tutto il libro fino alla fine), è
pretestuoso, serve a spronarlo ma è poco credibile. Non ci sono a
fronte di situazioni forti personaggi altrettanto interessanti.
Forse il migliore è Mekki, un cervello meccanico che incarna
l'onniscenza del narratore. Ma anche questo apparente difetto può
essere ricondotto a un gioco filologico-letterario: Brown era un
autore pulp (genere basato su molta azione, in apparenza poco
pensiero e avaro di introspezione psicologica), ha scritto un romanzo
in stile pulp, il suo personaggio è un redattore di riviste pulp,
che si muove in un mondo pulp, un gioco di specchi che riproducono la
stessa immagine all'infinito.
“Assurdo Universo” non è quello
che potrebbe sembrare, e buona parte della sua originalità sta in
questo involucro di cartapesta colorata che protegge un contenuto di
lusso.
Anche se io non l'ho goduto in modo
particolare, quale che sia il motivo non vi sconsiglio affatto la
lettura, che anzi, per tanti intenditori ed amanti di Fredric Brown è
stata folgorante. Poi, se volete, fatemi sapere che ne pensate.
(Fredric Brown “Assurdo Universo”
Urania Collezione n.16, Mondadori 2004)
2 commenti:
Beh, sembra interessante!
Se vuoi te lo presto...
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