giovedì 20 agosto 2009

Di cosa parliamo quando parliamo di un bel libro?



Ci sono libri che pur non essendo scritti in modo impeccabile, restano nel cuore e sono oggettivamente capaci di catturarci e restare come tra i più belli che abbiamo letto. Io mi ricordo due di questi libri: il primo è "Il grido del gabbiano" della francese Emmanuelle Laborit, il secondo è "Lo sfidante. Million Dollar Baby" di F.X. Toole.
Nonostante stiano un pò agli antipodi hanno in realtà tante cose in comune, ad esempio una forte connotazione autobiografica: la prima infatti racconta la sua storia di bambina nata sorda profonda e cresciuta in una famiglia di udenti, le sue battaglie per diventare indipendente e per trovare la propria strada nella vita. Toole, un pugile semi professionista avvicinatosi a questo sport in età non più giovanissima, ha invece infuso nei suoi racconti questa esperienza.
Altra coincidenza, più frivola, sta nel fatto che entrambe i libri sono stati toccati dal cinema: Emmanuelle Laborit è attrice (Ha interpretato Marianna Ucrìa in un film tratto dal romanzo di Dacia Maraini) e ora lavora soprattutto in teatro, mentre il libro di Toole è stato l'ispiratore dello splendido "Million Dollar Baby" diretto da Clint Eastwood.
Infine, entrambe gli autori nonostante le rispettive esperienze -non tra le più facili sebbene tanto diverse- non cadono mai nel patetismo e non cercano l'approvazione compatita del pubblico.
Sono opere di due "non scrittori" , persone che probabilmente non si erano mai sognate di scrivere prima di mettersi a farlo, con fatica che possiamo solo immaginare (scrivere è fatica) e che ogni tanto hanno fatto storcere il mio nasino snob, quando leggevo una frase un pò troppo poco lirica o con una costruzione un pò brutta. Eppure credo che gli autori siano arrivati a comunicare in modo profondo la loro passione ed il loro punto di vista.
Si tratta di narrazioni lineari, senza costruzioni complesse o fantasiose invenzioni linguistiche. Non ne hanno bisogno, perchè alla fine è proprio questa la loro forza e non hanno altro scopo che raccontare. Sia Toole che la Laborit quando si sono messi alla macchina da scrivere volevano solo parlare di sè stessi, esporsi, cercare di far conoscere la propria storia.
Ricordo che mentre leggevo "Il grido del gabbiano" riuscivo perfettamente ad immaginare come possa essere vivere in un mondo incomprensibile agli altri, un mondo in cui la comunicazione è totalmente diversa da come l'intendiamo noi udenti. E le pagine di F.X.Toole sono esemplari nel guidarti dentro un mondo sconosciuto ai più come quello della boxe, con i suoi riti, le sue regole ferree, i suoi personaggi.
Questi due libri sono buoni così, anche se dovessero restare unici, con le loro imperfezioni, perchè anche quelle imperfezioni sono parte della loro bellezza e li rendono vivi.

(Emmanuelle Laborit "Il grido del gabbiano" Rizzoli 1995 - F.X. Toole "Lo sfidante - Million Dollar Baby" Garzanti 2001)

1 commento:

Gemelle a rotelle ha detto...

molto bello quello che scrivi...
Scoprire di essere essere fallibili e' bello :o)