martedì 4 agosto 2009

Chuck Palahniuk, ovvero...the addiction



In 4 mesi mi sono letta 5 libri di Chuck Palahniuk. Succede che quando ne inizio uno devo assolutamente finirlo, sapere come va a finire. E anche adesso, in ferie, pur essendomi portata una mezza dozzina di libri, tra cui Carver, Shirley Jackson e Vonnegut, sono rimasta di nuovo imprigionata nelle storie di Palahniuk. A questo punto, sospetto la dipendenza. Beh, facciamo così, adesso per un pò basta...

Mentre mi disintossico, ecco a voi, "Soffocare" e "Diary"...

Soffocare (2002, Strade Blu Mondadori)
"Forse Dio voleva che ce lo inventassimo noi, il nostro salvatore, una volta pronti. Quando proprio non ne avessimo più potuto fare a meno."

Sessodipendenza. Soffocamento. Medicina. Pietre. Viaggi nel tempo. Questo e molto altro (come al solito),vi aspetta nelle pagine di "Soffocare". Se avete sentito parlare di questo romanzo vi potreste esser fatti un'idea, ma chissà se è quella giusta; magari che parli solo di sesso; io pensavo che le avventure del protagonista, Victor Mancini, fossero fondamentalmente incentrate sulla sua attività di soffocamento nei ristoranti della sua città.
Effettivamente ogni sera Victor si soffoca al fine di farsi salvare da qualcuno -un cameriere, un avventore- che da quel momento in poi si sentirà responsabile della sua vita e gli scriverà, si terrà informato su di lui e (possibilmente) gli invierà del denaro. Perchè Victor ha un sacco di spese per mantenere la madre malata e anoressica nella casa di lunga degenza St. Anthony, e col suo lavoro di comparsa in un finto villaggio americano del 1734 non ce la fa a pagare le sue cure ed il suo sondino nasogastrico.
Inoltre, coltiva l'hobby della sessodipendenza e allo scopo di tenerlo vivo frequenta un gruppo di disintossicazione, intessendo relazioni con le sue frequentatrici.
La madre di Victor è un pò la versione femminile del Taylor Durden di Fight Club: per tutta la vita ha fatto dentro e fuori dalla galera, arrivando puntualmente a prelevare il pargolo dalla sua ennesima famiglia adottiva non appena veniva rilasciata, guadagnandosi da vivere in modi bislacchi e cercando d'insegnare l'assoluta libertà e l'amore per l'ignoto e l'imprevedibile al suo bambino.
Lui ne è uscito piuttosto scioccato e non riesce a perdonarla per quella vita senza regole che gli ha imposto. Eppure, lui sta seguendo il suo esempio, sta cercando di uscire dagli schemi e di recuperare, metabolizzare, superare il conflitto con lei. Ida Mancini non si ricorda come deglutire e Victor soffoca. Lei non lo riconosce ed ogni volta lo prende per una persona diversa, lui continua a cambiare partner, a cercare un modo per non fermarsi, per non adeguarsi, proprio come sua madre.
La situazione si evolve in un crescendo delirante (alcuni episodi, come quello con la sessodipendente Gwen sono esilaranti) mentre Victor va alla ricerca del passato della genitrice del segreto legato alla propria nascita. Chuck Palahniuk nasconde nelle pieghe di questa storia il conflitto che ci vede contrapposti ai nostri genitori e come nel suo stile lo estremizza, coinvolgendo la maternità più famosa del mondo occidentale.
Punta il dito sulla prevedibilità delle nostre vite, sulla ricerca di un mondo sicuro, riconoscibile, etichettabile, una ricerca che ci viene insegnata sin da bambini ed alla quale pare impossibile sfuggire. Soffocare in un luogo pubblico, esporsi in tutta la propria debolezza, è paradossalmente una ricerca di spazio, di aria; fare sesso con sconosciuti per il puro piacere di farlo è il modo di Victor per fuggire a sè stesso, ma anche alle relazioni in codice, sane e accettabili che ci vengono insegnate.
Come quasi tutti i libri di Palahniuk è divertente e drammatico, soprendente nella successione degli eventi, magnetico. Lucido nel leggere in fondo alle nostre anime, è anche un'esplorazione delle paure ataviche dell'uomo, la malattia, l'invecchiamento, la morte. Il sesso.
La narrazione è brillante: ritorna ancora lo stile delle "frasi chiave" che si ripetono e ritmano il racconto, una caratteristica evidente di Chuck che forse si potrebbe anche superare (non so, è una mia opinione. D'altronde, non ho letto gli ultimissimi romanzi, quindi non so come si sia evoluta la sua scrittura). Unico appunto potrebbe farsi sul finale, un pò troppo roseo e fulmineo, in cui alcune cose rimangono inspiegate. Ma bisognerebbe anche leggerlo in originale, potrebbe trattarsi di un problema di traduzione. Un gran bel romanzo, ricco e molto più vicino alla nostra realtà di quanto potremmo pensare. Leggete e meditate.

Diary (2004, Strade Blu Mondadori)

Sarebbe interessante vedere una versione della serie a cartoni animati "Esplorando il corpo umano" sceneggiata da Palahniuk. Al centro di ogni suo romanzo, ormai s'è capito, c'è il corpo: si disfa, si ricostruisce e cambia sesso, si trasforma. Il corpo di una fotomodella sfigurata, privata di quella parte che la rendeva preziosa, il corpo di un impiegato che cerca salvazione dalla sua vita perfetta nell'autodistruzione. Eccetera. In "Diary" il suo interesse è rivolto al corpo dell'artista, veicolo e creatore dell'arte, porta tra il finito e l'eterno, il divino.
Cos'è l'arte? Un dono? Un incidente? una combinazione biologica? Da dove viene l'ispirazione? Misty Kleinman è il veicolo di questa ricerca. Studente all'accademia d'arte, rimane incinta del fidanzato, Peter Wilmot. Lui la sposa e la porta a vivere a Waitandsea Island, da cui proviene. Da qui, la vita di Misty diviene una lunga discesa all'inferno. Il marito tenta il suicidio e rimane in coma. Lei resta sola con la figlia e la suocera a fare la cameriera in un hotel sull'isola.
Misty sembra una donna finita: alcolizzata, convinta di non avere talento e che non ci sia speranza di un futuro migliore. Ma forse una via d'uscita c'è, c'è sempre stata e sempre ci sarà. E non è detto che sia piacevole.
La trama potrà sembrarvi molto concreta, ma la direzione che la storia prende è diversa da quella a cui siamo abituati dai romanzi di Chuck Palahniuk. Non c'è scherno nè comico cinismo in questa favola nera, anzi. Misty è come una delle protagoniste delle tragedie greche, autocommiserante, a volte difficile da sopportare. La sua situazione ricorda un pò quella claustrofobica di alcuni personaggi di Stephen King, tipo Annie di Misery.
Con la variante che qui la vittima è lei.
Come una sorta di Rosemary di "Rosemary's Baby" o di "Inquilino del terzo piano" è parte incosciente di complotto a cui prende parte l'intera comunità. Il suo corpo e la sua arte sono al centro di questo rito, solo lei può essere posta sull'altare sacrificale per garantire ad una decadente classe alto borghese di restare intoccabile, immobile nel tempo nella propria posizione dominante. Una metafora piuttosto chiara e leggibile -date anche le origini di Misty- una meditazione sul ruolo dell'artista e sul controllo esterno esercitato sulle nostre vite.
I toni del romanzo gotico sembrano avere il sopravvento, anche se il linguaggio di Palahniuk non sembra proprio confacente, col suo linguaggio urbano (benchè molto più disteso che in precendenza). C'è un tentativo di adattarsi al paesaggio ed alla storia, completamente diversi dalle solite ambientanzioni, ma almeno fino a metà romanzo lo scrittore fallisce l'obiettivo di creare atmosfera e suspance, finendo per allungare troppo l'attesa dell'azione, della rivelazione.
Nonostante queste debolezze che rendono un pò noiosa la lettura in alcuni punti, un altro pezzetto di Palahniuk che val la pena di conoscere.
Un ultimo appunto, relativo all'edizione italiana: speriamo, preghiamo Mondadori di togliere questo scrittore dalla collana Strade Blu, che lo relega un pò al ruolo di autore"cannibale" per giovani ed adulti assetati di sangue. O perlomeno, che lo pubblichino con delle copertine un pò meno brutte.


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