Il mio amico Ciccio mi chiede: "Ma cos'è che ci spinge a finire un libro quando non ci piace?"
Già, vero! E' molto difficile che qualcuno molli a metà un libro o almeno che qualcuno lo ammetta apertamente. Dichiarare di non avercela fatta, di essersi annoiato, di aver deciso che il suo tempo andava meglio speso che leggendo quel volume è quasi un'onta. Si fa, suppongo, ma non si dice.
Eppure leggere deve essere un piacere. E' proprio la mancanza di piacere che ci allontana dalla lettura in gioventù, quando siamo costretti dall'insegnante d'Italiano a leggere i libri che lei/lui ha deciso essere fondamentali per la nostra crescita intellettuale. Pirandello, Pavese, Tomasi di Lampedusa, Silone...In età più matura, rileggendoli sapremo forse apprezzarli di più, ma potrebbe anche accadere che grazie a loro non leggeremo mai niente altro.
Daniel Pennac nel suo "Come un libro" sancisce il diritto del lettore a non continuare la lettura di un libro che l'annoia.
Anche io cerco di leggere sempre tutto, i motivi che mi sono data sono i seguenti:
1) Orgoglio e Pregiudizio personale: quel libro non mi sconfiggerà, vediamo chi è più tosto dei due, tu con le tue 1432 pagine o io;
2) Miserabili opinioni, ovvero poca stima del proprio giudizio: e se stessi sbagliando? E se questo fosse il più grande capolavoro della letteratura e io lo stessi liquidando come una fesseria per mia ignoranza?
3)Domani è un altro giorno: magari dopo pagina 250 migliora.
Ed ora un pò di outing, ovvero la lista dei miei libri interrotti negli ultimi 5,6 anni, alcuni all'inizio, altri a metà, altri quasi alla fine, e le ragioni per cui li ho mollati. Noterete che si tratta di autori affermati, anche importanti, a dimostrazione che un libro non deve essere per forza brutto o commerciale per annoiare, stufare o semplicemente non essere capito.
1)Philip Roth "Il Teatro di Sabbath": ho iniziato a leggerlo perchè il protagonista è un burattinaio. Purtroppo di burattini si parla poco, almeno fino a dove sono arrivata io. Roth è un pilastro della letteratura Americana ma decisamente cupo e a volte non ce la si fa a sopportare la commistione di sesso e morte che lo caratterizza...
2)Giuseppe Genna "Dies Irae": prestatomi con entusiasmo, attaccato con timore, dopo averne recensito un terzo mi sono arresa. I fatti raccontati sono spaventosi e resi in modo viscerale; dopo 200 dolorose pagine me ne restavano altre 400. Un romanzo (?) che ti mette veramente di umore pessimo (non perchè sia scritto male ma appunto per ciò che racconta), anche se non è detto che un libro debba per forza renderti felice. Devi comunque esserci predisposto e nonostante il mio pessimismo, io non lo ero abbastanza. Mi hanno detto che in seguito c'è un riscatto a tutta questa oscurità, ma non ce la faccio ad aspettarlo.
3)Gunter Grass "Il Tamburo di Latta": regalo del mio amico Paolo, speravo mi avrebbe preso di più. Non che tutta la storia della nonna del protagonista che coltivava patate e indossava quattro gonne una sull'altra e di come conobbe suo marito anarchico inseguito dai gendarmi che si rifugiò sotto le quattro gonne fosse brutta, anzi. Però non è scattato quel non so che che ti fa appassionare. E' vero che il capolavoro di Grass si compone di quasi 600 pagine e io ne avrò lette sì e no una cinquantina, però non me la sono sentita di andare avanti. Mi consola il fatto che neanche Paolo lo ha finito.
4)David Foster Wallace "Westward the Course of the Empire Takes its Way": romanzo breve contenuto nell'edizione Americana di "Girl with Curious Hair" narra una storia piuttosto surreale -e fin qui tutto bene- omaggiando lo scrittore John Barth e fornendo opinioni personali sulla metascrittura e sul post modernismo. Sia come sia, leggerlo in lingua originale s'è rivelata un'impresa improba, certe frasi sono così lunghe che arrivata in fondo non mi ricordavo più il significato globale del discorso. Mi sono arresa ed ho comprato la versione tradotta in Italiano.
Aspetto i vostri outing: gemellearotelle@gmail.com
4 commenti:
Liste non ne faccio, ad ogni modo
non ho problemi ad abbandonare un
volume, se non mi prende.
Non ho nemmeno problemi a saltare
delle pagine o un capitolo, se invece voglio
finirlo a tutti i costi e non riesco
a schiodarmi da un punto.
p.s. visto che del dies irae ne avevi
letto solo 1/3?
Tu hai detto che ne avevo letto meno di un terzo...Ho saltato le pagine solo in quel punto di Dorian Gray in cui vengono descritti oggetti per una ventina di pagine, in generale non lo faccio.
Ecco, io lo ammetto, fino a qualche anno fa mi sforzavo all'ennesima potenza per terminare un libro, ma con almeno due titoli (per ora mi vengono in mente solo questi) proprio non ci sono riuscita: "Il dottor Zivago" e "Teresa Batista stanca di guerra". Bah...
Beh, personalmente non ho nemmeno il coraggio di avvicinarmi al "Dottor Zivago"...
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