domenica 6 settembre 2009

Tutti gli anni lo stesso giorno- Racconto

Pubblico un racconto scritto qualche tempo fa. In realtà ne esistono due versioni. Ho optato per questa perchè mi pareva più compiuta. Nulla esclude che in futuro pubblichi anche l'altra, chi lo sa.
Se avete osservazioni sono le benvenute, in forma di commenti o scrivendo a gemellearotelle@gmail.com
Enjoy!

Tutti gli anni lo stesso giorno

“Hey, auguri, buon compleanno!”

Lui si voltò, sorrise timidamente e ringraziò il collega. Ogni anno qualcuno se ne ricordava in ufficio, non sempre la stessa persona. Benché da una parte gli facesse piacere, dall’altra non poteva impedirsi di provare fastidio. E non certo per la bevuta che avrebbe offerto all’ora di pranzo. La sentiva come un’attenzione non richiesta, un’invasione: in fondo se avesse voluto che uno di loro se ne ricordasse avrebbe portato da bere e da mangiare o l’avrebbe detto.

Conoscere la data di nascita di qualcuno equivale a conoscere un mucchio di cose: si può capire il segno zodiacale, dedurre quando la persona in questione ha frequentato le scuole superiori, si può addirittura risalire ai gruppi musicali preferiti durante l’adolescenza. Sì, stupidaggini, ma chi lo sa, magari gli oroscopi hanno ragione e le preferenze musicali possono rivelare cose inaspettate di una persona, cose che neanche lei o lui sa. Forse era un po’ paranoico. In fondo, a chi poteva interessare conoscere queste cose di lui, al di fuori di lui stesso?

A pranzo non mangiò molto, giusto un panino per tenere buona la gastrite. Mentre i colleghi chiacchieravano lui si osservava in una vetrata alle loro spalle cercando di decidere se stava invecchiando bene o no. Praticamente non aveva rughe. Da dietro il tavolo la pancetta non si vedeva e guardandolo in faccia nemmeno il diradamento dei capelli sul retro della testa si notava. Non fossero stati quasi completamente grigi avrebbe potuto essere soddisfatto. Cercò di scacciare il pensiero del decadimento fisico rientrando nella conversazione. In due ore avrebbe avuto di nuovo fame, ma sapeva che quella sera avrebbero festeggiato a casa dei suoi genitori e la madre era già sul piede di guerra con pentole e padelle. Ogni compleanno era una specie di tourneè: festeggiava dai suoi, festeggiava dai suoceri e con gli amici. In uno, al massimo due giorni accumulava materiale sufficiente per mettere fuori posto lo stomaco per qualche settimana.

Staccò con un’ora d’anticipo e si diresse verso casa. A quell’ora c’era ancora poco traffico così ci mise solo venti minuti ad arrivare, invece dei soliti quaranta. Quando entrò dalla porta, il figlio gli venne incontro sventolando un disegno che lo ritraeva, gigantesco sopra casette minuscole da cui usciva del fumo azzurro. Il cielo era una specie di soffitto blu spaccato dai raggi gialli di un sole sorridente. Lo abbracciò e appese il disegno sulla bacheca di sughero in cucina, come faceva tutti gli anni.

Si fece una doccia: rimase sotto l’acqua molto più del solito. Si fissava i piedi e cercava di annullarsi completamente nella sensazione del getto sulla pelle. Perse per un poco la cognizione del tempo. Quando uscì dal bagno la moglie lo aspettava seduta sul loro letto col piccolo ed un regalo avvolto in una carta dorata. Era stata dal parrucchiere, si era anche fatta fare le unghie, che spiccavano come artigli insanguinati sul copriletto color crema.

-L’ha scelto per te- disse indicando il bambino con un movimento della testa. Lui aprì il pacchetto, conteneva una maglia della sua squadra di calcio preferita. Dietro c’erano stampati il suo nome e la sua età. -Il numero è stata una mia idea- disse la moglie- così ti ricorderai quando l’hai ricevuta. -Mettila subito!- strillò il bambino –per la festa!

Guidava con un senso di soddisfazione: in altre circostanze non gli sarebbe stato concesso di uscire indossando una maglia da calciatore a strisce rosse e verdi, magari si sarebbe lasciato convincere da lei a mettere una camicia e una giacca, ma siccome si trattava di un regalo del piccolo, non aveva avuto in coraggio di opporsi. Era immensamente grato di potersi presentare così alla famiglia, perché neanche loro avrebbero osato criticarlo.

A casa dei suoi genitori erano già arrivati tutti. Quando suonò il campanello mamma, papà, fratelli e cognate gli si precipitarono addosso coprendolo di auguri, strette di mano e baci sulle guance.

Con alcuni di loro non andava d’accordo, anzi. C’erano state grosse discussioni specialmente con i fratelli in passato, spalleggiati dalle mogli. Ma sembrava che i dissapori e le polemiche svanissero per le feste comandate. Non avevano mai litigato a Natale, a Capodanno e poteva aspettarsi che seguendo il copione anche stasera tutto sarebbe filato liscio. Ci si adattava, anche se gli sembrava una finzione, pur di non rovinare tutto il lavoro della madre.

Nessuno accennò alla sua maglia, se non per complimentarsi col bambino per la scelta. Dovevano essere stati avvertiti durante uno di quei giri di telefonate che si fanno quando si avvicina il compleanno di qualcuno e le persone a te più vicine, che più ti dovrebbero conoscere, non riescono a mettere insieme un’idea originale di cosa prenderti.

Aprì altri regali. Due libri, una camicia, una bottiglia di liquore, un paio di cd. Qualcosa corrispondeva ai suoi gusti, però notò come fossero tutti espressione degli interessi dei festeggianti, più che del festeggiato. Se li avesse trovati sul tavolo, invece che averli ricevuti in mano, aprendoli avrebbe capito comunque da chi provenissero. Mettere un pezzo di noi nei regali per gli altri è quasi inevitabile, pensò. Forse è il suo bello o forse è un’altra marcatura del territorio.

La cena fu abbondante, come aveva previsto: antipasti, pasta al forno, peperonata, arrosto e un florilegio di contorni di verdura. I suoi piatti preferiti. Il giorno dopo ci sarebbe stato un bis, grazie agli avanzi che quella sera sarebbero stati equamente divisi tra tutti i fratelli.

Poi arrivò la torta. In mezzo ad una selva di candeline ne ardeva una a forma di numero: 41. “41” pensò soffiando sulle candeline come quando era piccolo “Sono 41”.

Verso mezzanotte salirono in macchina, carichi dei regali e degli involti di carta stagnola. Il bambino fu adagiato nel suo seggiolino, si era addormentato da almeno un’ora.

Mentre lui parcheggiava in garage, la moglie lo portò in casa e lo mise a letto. Poi andò in bagno e cominciò a prepararsi per andare a dormire. Quando arrivò lo aspettava sotto le coperte, semi addormentata. Era così stanco che si lavò a malapena i denti. Mancavano poche ore alla sveglia. Si sedette sul coperchio del water e restò un po’ così, cercando di ricordare quand’era stata l’ultima volta che un compleanno era stato qualcosa di divertente, emozionante, quand’era stata l’ultima vera sorpresa della sua vita, quando aveva cominciato a diventare prevedibile giorno dopo giorno, minuto dopo minuto. Si sentiva confuso. Non aveva realizzato la sua nuova età finchè non l’aveva vista sulla torta di compleanno, come se non si sentisse in grado di crederla o di ammetterla sulla sua persona. Spegnere le candeline era stato il momento in cui tutto si era avverato: adesso non poteva farci più niente.

Si alzò e prima di andare in camera si fissò un istante alla luce chiara e tagliente dello specchio sopra il lavandino cercando di non pensare a niente. S’infilò nel letto e spense la luce sul comodino. Fissò il buio di fronte a sé: le tapparelle erano abbassate, neanche i lampioni in strada erano accesi. Forse c’era un guasto. La stanza era completamente buia. Pensò subito al bambino: meno male che aveva la sua piccola luce di sicurezza accesa vicino al letto. Lui però, nella stanza accanto, non vedeva niente.

La moglie si mise a russare lievemente, lui girò la testa, ma non riusciva a vedere nemmeno lei. Allora cercò d’immaginarsi in mezzo a quell’oscurità, inghiottito, annullato, senza una faccia, senza un corpo, senza una voce, solo un respiro e nessuno a vederlo, a cercarlo. S’immaginò di non ricomparire dall’oscurità il mattino dopo, lasciare solo le coperte vuote e nessun ricordo, non dire buongiorno e non ricominciare daccapo fino al prossimo compleanno. Si addormentò, felice.

L.S.P. Giugno 2009

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma pensa...
:-)