lunedì 14 settembre 2009

Are You Experienced: "Eden Express" Mark Vonnegut


Nel 2008 a un anno circa dalla morte del meraviglioso Kurt Vonnegut (sic!) cui si deve il titolo di questo blog, Piemme decise di ripubblicare "Eden Express", scritto dal figlio Mark. In pieno delirio Vonneguttiano ed irresistibilmente attratta dal tema centrale del libro, me lo comprai e lo portai con me a Creta.
Diciamolo subito, Mark Vonnegut non è un figlio d'arte qualunque: ha effettivamente ereditato talento dal padre e nella stesura di questo testo non si è certamente accontentato della prima cosa che scriveva. Dunque se siete amanti l'opera del padre non vi pentirete dell'acquisto.

Detto questo, parliamo di un libro che (come quello di Emmanuelle Laborit di cui ho scritto qualche tempo fa) scaturisce da un'esperienza personale molto forte e come molti di questo genere resta al momento unico.
E' infatti il racconto autobiografico di quando Mark Vonnegut tentò di mettere in piedi una comune agricola in British Columbia negli anni 70' e di come diventò pazzo. Proprio così, pazzo.

Anni '70 dunque: dopo alcune esperienze di lavoro "sociale" Mark decide di cambiare completamente vita, da giovane borghese figlio d'intellettuali a contadino. Insegue il sogno di un'esistenza immerso nella natura, completamente indipendente dal mondo esterno, in armonia con tutto e con tutti. Insieme al suo cane ed alla sua ragazza si unisce ad un gruppo di frikkettoni e inzia a costruire una fattoria in un luogo isolato in cui è impossibile arrivare senza una barca.
All'inizio sembra tutto perfetto: i boschi, il lavoro fisico, l'idea di creare qualcosa con le proprie mani. Ben presto però sorgono i primi problemi, il denaro, i rapporti con gli altri frikkettoni...E poi, all'improvviso, qualcosa si rompe e Mark non è più lo stesso.
Inizia un delirio (che poi si scoprirà essere vera e propria schizofrenia), una discesa nel nulla e nella disperazione senza un'apparente ragione. Costretto a lasciare la comune sarà internato in una clinica per malattie mentali.

La lucidità con cui Vonnegut riporta sulla pagina le sensazioni spaventose della perdita della ragione (e chi ha provato la depressione sa almeno in parte di cosa parliamo) è incredibile, abbiamo un'idea assolutamente realistica di quello che ha provato, del suo progressivo distacco dalla realtà, dell'orrore di non essere più sè stesso senza conoscerne il motivo. E' sorprendente come sia riuscito a ricordare così chiaramente sensazioni ed avvenimenti del tutto "immaginari", le trasformazioni delle visioni, i soliloqui allucinanti. Ci scivola dentro come si diventa allegri o tristi ascoltando una canzone, così, quasi senza accorgersene e questo spiazza e inquieta.

E' un racconto sincero e pauroso, anche se in realtà è pure una lettura comica, sognante e vuole esplicitamente dare speranza a coloro che come l'autore si sono trovati catapultati in un attimo in un mondo sconosciuto dentro di loro. Mark è guarito dalla schizofrenia, e nelle pagine finali troviamo una lettera scritta anni dopo ad una ragazza col suo stesso problema, in cui l'incoraggia e dà consigli per affrontare la malattia.
E' inoltre un documento sincero delle disillusioni di coloro che hanno sognato di cambiare il mondo con l'amore. A questo proposito sono indicativi i primi capitoli, dedicati ai rapporti con gli altri componenti della comune, che rivelano una serie di meccanismi sempre presenti nei rapporti umani, anche in quei gruppi che dichiarano la volontà di essere diversi dal resto della società.

Se avete abbastanza fegato, ci sono molti motivi per leggere "Eden Express". Mark Vonnegut ha l'onestà di parlare senza esibizionismi dell'avvenimento forse più drammatico della propria vicenda personale, una capacità di esporsi in tutta la propria debolezza umana di cui non smetto di essere grata a lui e a suo padre.
La malattia mentale è qualcosa che spaventa perchè è incontrollabile, e in apparenza non c'è modo di prevenirla. Non sarà Mark a rassicurarvi o a convincervi del contrario. Non è un libro per struzzi.

("Eden Express" Mark Vonnegut, Piemme 2008)


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