domenica 8 gennaio 2012

Abbagli? Kilgore Trout "Venere sulla conchiglia"


"Hey Punk, where you goin' with that button on your shirt?
Hey Punk, where you goin' with that button on your shirt?

I'm goin' to the love-in to sit & play my bongos in the dirt.
Yes, I'm goin' to the love-in to sit & play my bongos in the dirt."
(Frank Zappa "Flower Punk")

Se avete letto i post più recenti di questo blog saprete che dietro il nome di Kilgore Trout non si nasconde il suo creatore ed alter ego Kurt Vonnegut, ma un altro autore di fantascienza, Philip Josè Farmer, che ne ha assunto l’identità e preso ispirazione per la trama di questo romanzo da un brano di “Perle ai porci”..

“Venere sulla conchiglia” è una versione boccaccesca e frikkettona dei romanzi di esplorazione fantascientifica, il cui protagonista è una specie di hippie spaziale di nome Simon Wagstaff che suona il banjo elettrico ad energia atomica, sfuggito da una troppo energica pulizia della terra su un’astronave insieme a due animali emblematici: il cane Anubis e la civetta Atena.
Visto che sulla terra sono tutti morti a Simon non resta molto da fare se non girare per l'universo alla ricerca delle risposte alle domande fondamentali, prima fra tutte “Perché veniamo al mondo solo per soffrire?”
Domandona. Non particolarmente originale, ma sufficiente per far incontrare al nostro una serie di bizzarre razze spaziali. E’ evidente che Simon rappresenta un giovane degli anni 70’ che al posto dell’astronave guidasse un camioncino Volkswagen per le vie del mondo insieme ai suoi animali, raccogliendo belle autostoppiste con cui praticare l’amore libero, suonando e facendo domande dalle risposte impossibili agli abitanti dei paesi che incontrava. Mancano solo acidi e canne.
Altrettanto chiara è la simbologia dei vari pianeti visitati da Simon, che rappresentano altrettante insidie che il giovane figlio dei fiori dello spazio si trova ad affrontare: ad esempio il saggio cannibale del pianeta Dokal –come non vedervi qualche santone rifugiato in un lontano ashram?- o il pianeta Golgeas, in cui il sistema giudiziario è talmente schizofrenico e rigido che basta un niente per finire in galera e ci vogliono tremila anni per ottenere una sentenza definitiva. Questa è forse la parte più interessante del romanzo, ed anche la più divertente ed acida verso la società terrestre del tempo.
Qua e là Simon rammenta parti di romanzi di fantascienza di Jonathan Swift Somers III, alla maniera in cui Vonnegut racconta le trame di Kilgore Trout nei suoi libri, con una sorta di citazione nella citazione che però risulta un po’ fastidiosa.

E’ evidente l’intenzione di Farmer/Trout di voler riprodurre alcuni schemi narrativi di Vonnegut, secondo alcuni articoli disponibili in rete per omaggiarlo, mentre per alcuni critici –visto il buon successo del libro all’epoca-  per sfruttare il nome di Vonnegut. E’ innegabile che un’operazione del genere, pur condotta con le migliori intenzioni rischi di portare a degli equivoci. Ma personalmente è una questione che non m’appassiona.

Il punto è che Farmer –secondo me- non è entrato completamente nel personaggio letterario, e tentando di scrivere una storia “a la Vonnegut” con lo pseudonimo di Kilgore Trout ha creato un ibrido tra lo stile comico, cinico, la narrazione ad orologeria, i continui rimandi del primo e l’afflato trash che contraddistingue le opere del secondo, non venendo –letterariamente parlando- a capo di niente.
Chi ha letto i romanzi di Vonnegut potrà apprezzare il tentativo, e trovare interessante la parabola di Simon Wagstaff  che sembra un monito per tutti i frikkettoni dell’epoca alla ricerca di risposte, tuttavia potrebbe non amare i giochetti citativi e la narrazione, certamente non all’altezza. Gli appassionati di sci-fi underground invece si potrebbero annoiare con le citazioni, poesie e filastrocche (grande “vizio” di Vonnegut) ma divertirsi con le invenzioni a volte (non sempre) molto divertenti ed i mostri che compaiono sui vari pianeti.

La cosa che mi dispiace di più è non avere nessuno con cui discuterne, perché pur essendo una modesta pur appassionata fan di Vonnegut, ho molta meno conoscenza della fantascienza di cui Farmer era rappresentante e quindi posso vedere le cose solo da un punto di vista estremamente limitato. Però, se qualcuno vuole intervenire, è il benvenuto. Io per ora sospendo il giudizio.

(Kilgore Trout “Venere sulla conchiglia” Urania n.23 , 1976 Mondadori)


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