venerdì 7 gennaio 2011

Jesus Christ Superstar: Ken Kesey "Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo"

Ken Kesey ha avuto una vita folle e piena di avventure: è stato cavia volontaria per un esperimento della CIA sull'LSD, ha militato nei Merry Pranksters, che portavano il verbo dell'acido e dell'arte in giro per l'America. Nella sua villa in California organizzava Acid Parties di cui scrisse Tom Wolfe in   "The Electric Kool-Aid Acid Test" ed a cui partecipavano i Grateful Dead; ha lavorato in un ospedale per veterani, dove faceva il turno di notte insieme a Gordon Lish (che riconobbe per primo il talento di Raymond Carver), parlava coi malati di mente e aveva visioni lisergiche di Indiani che spazzavano i corridoi.

“Qualcuno volò sul nido del cuculo” fu il suo primo libro pubblicato e forse rimane il più celebre. Uscito nel 1962, posso immaginarmi l'effetto che fece su coloro che lo lessero, per il tema, per le opinioni che esprimeva e per alcuni personaggi veramente memorabili.
Secondo Kesey i matti non lo sono davvero, la follia è una comoda giustificazione per isolare coloro che non riescono ad inserirsi nel rigido schema della società, un consorzio di stampo matriarcale che non accetta alcuna differenza di comportamento e soffoca il naturale spirito dell'uomo, la creatività, la bellezza e la sessualità libera. Tutto questo è rappresentato dalla Grande Infermiera, Miss Ratched, un'algida cinquantenne dal seno a dir poco prorompente, che nasconde la propria femminilità in uniformi rigide di amido e distrugge la personalità degli uomini affidatigli a colpi di sensi di colpa e trattandoli come bambini.

Il suo regno di terrore psicologico sembra inespugnabile, fino all'arrivo di McMurphy, un piccolo criminale giocatore d'azzardo che rappresenta la vita libera, la capacità di correre rischi, la fantasia e la trasgressione. Da quel momento la vita nella corsia di Miss Ratched non sarà più la stessa: basta con le riunioni di terapia (leggi castrazione psicologica) in cui la vita di un compagno viene fatta a pezzi, basta con i regolamenti auto-inflitti dai manipolabili pazienti, basta con l'immutabile routine e la musica rimbambente ad alto volume.
Ken Kesey con Further, l'autobus dei Merry Pranksters
McMurphy non ha paura della Grande Infermiera e, pur conscio del suo infinito potere all’interno del microcosmo ospedaliero, la sfida nel suo territorio. Le conseguenze non si fanno attendere, i malati si schierano immediatamente e silenziosamente dalla sua parte, vincendo a poco a poco le proprie paure mentre lo scontro fra la crudele intelligenza di Miss Ratched e l'energia e la forza bruta dell'Irlandese si fa sempre più duro.
Ad ogni trasgressione di lui corrisponde una punizione di lei. McMurphy difende a pugni un compagno e finisce per subire l'elettroshock, immola progressivamente il proprio corpo come un Cristo circondato dai suoi inermi, schizzatissimi apostoli, fino al sacrificio estremo.

Tra i malati c'è Harding, un uomo forse troppo intelligente per il mondo in cui vive, sposato ad una moglie infedele e protagonista di una delle scene più tese e belle del libro, da far tremare i polsi. Billy Bibbit è invece un trentenne tenuto bambino dalla madre (grande amica di Miss Ratched) che lo manipola e cerca di pilotarne la vita. Sarà lui il Giuda della vicenda, l'unico a difendere McMurphy in un momento di crisi e colui che lo accuserà di un delitto imperdonabile.
E poi Capo Brodmen, l'Indiano che finge di essere sordomuto e (miracolo!) McMurphy riporterà a parlare.
E' lui a narrare la vicenda ed è lui (a mio modesto parere) un punto debole del libro, in un misto di visioni, osservazioni, congetture ed analisi personali. Stordito dalla guerra ed addolorato dal destino della sua tribù, egli è convinto di essere vittima di una “Cricca”, che gestisce l'ospedale, spia i malati e detiene il potere su tutto, dentro e fuori dall'edificio. Un personaggio complesso che il linguaggio di Kesey (che pure teneva moltissimo a lui) non è riuscito a gestire. Se restituisce perfettamente le situazioni realistiche di tensione tra la Grande Infermiera e l'Irlandese, la loro guerra personale, le confessioni di Harding, le reazioni paranoiche di Chesick, non ha paradossalmente la capacità di evocare memorie dell'infanzia e visioni deliranti. I suoi monologhi sono a tratti pesanti e senza mordente, tolgono spazio all'azione ed alla concentrazione sul carattere dei protagonisti.

Altro problema -ma forse non lo è- viene dalle intenzioni troppo scoperte dello scrittore. Quasi subito intuiamo gran parte di ciò che vuol dire e dimostrare. Nonostante siano concetti sempre validi (tutti) risulta un po’ didascalico. Alcuni personaggi infine sono un po' scontati, a partire da McMurphy, che incarna la rivoluzione hippie ma è rappresentato con lo stereotipo dell'Irlandese visto dagli Americani, forte, selvaggio, bevitore e spaccone. Anche Billy Bibbit è abbastanza prevedibile, mentre Harding e la terribile Miss Ratched sono più appassionanti.

Forse “Qualcuno volò sul nido del cuculo” risulta un po' datato per lo spirito hippie (e un tantino maschilista), ed alla luce di quanto detto sopra potrebbe essere ridotto di almeno una cinquantina di pagine. Resta un libro rivoluzionario per il tema e la raffinatezza di alcune analisi e, detto tra di noi, un testo che può servire a difendersi dalle Miss Ratched sparse per il mondo.

E se ancora non l'avete visto, procuratevi il bellissimo film che Milos Forman ha tratto dal libro.

(Ken Kesey “Qualcuno volò sul nido del cuculo” 2001 BUR Rizzoli)

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