lunedì 1 novembre 2010

Nè con gli uni nè con gli altri


Rileggere in questi giorni "Cuore di cane" di Mikhail Bulgakov è illuminante. La prima volta vi cercai la storia, il lato oscuro, ironico ed agghiacciante che fa dei racconti di questo scrittore capolavori del fantastico. Bulgakov aveva il dono di creare un'atmosfera inquietante, abitata da personaggi luciferini che apparivano come per incantesimo, in cui la scienza aveva scopi oscuri e mostrava di essere, nonostante la pretesa di esattezza, una specie di rito magico, tutt'altro che infallibile e schiava di leggi empiriche sconosciute a chi la praticava.

Ma adesso, alla seconda lettura, ti arriva direttamente in testa saltando fuori dalla pagina la consapevolezza di cosa rappresentino i personaggi, quasi archetipici, di questo racconto.
L'intera società Russa degli anni venti va in scena, a partire da Filipp Filippovic, professore emerito che mantiene, in virtù delle sue abilità mediche, ambite dai potenti di ora che si sono sostituiti a quelli di un tempo, una serie di privilegi, ed è pronto a difenderli dagli attacchi dei vari comitati di cittadini e compagni che si fanno avanti.
Con il suo modo di vivere agiato, la sua insofferenza verso le restrizioni e le imposizioni del nuovo regime appartiene al mondo pre rivoluzionario duro a morire.
Ci sono poi Svonder, con il suo codazzo di militanti convinti che cercano con ostinazione di far cedere il vecchio scienziato alle nuove regole e Zina e Dar'ja Petrovna, la cameriera e la cuoca di Filippovic, per le quali la rivoluzione ha cambiato poco, dato che serve erano e sono rimaste.

Soprattutto c'è Pallino, il cane-proletario che viene mutato da Filippovic in essere umano.
In lui la rivoluzione bolscevica s'incarna, portandolo dalla condizione di animale affamato e miserabile a quella di uomo.
Ma con grande sorpresa di tutti, non resta docile ed ubbidiente: brutto e cattivo, Pallinov (come si fa chiamare una volta "umanizzato") si rivolta contro tutto e tutti. In primis proprio contro Filippovic, che lo vorrebbe educato e sottomesso; per far questo Pallinov non esita ad allearsi con Svonder ed il suo Domkom, espressione del potere rivoluzionario.
In breve però tradirà anche loro e li trufferà per inseguire la sua libertà, che non è quella della classe borghese e nemmeno quella bolscevica. Nè uomo nè cane, egli è insofferente alle imposizioni, sta solo dalla propria parte e proprio per questo il suo destino è quello di soccombere. L'unico modo di ottenere la libertà è cercarla per conto nostro ma non ci è concesso, sarebbe troppo pericoloso per chi comanda, di qualunque colore sia vestito.

La metafora scelta da Bulgakov è perfetta, cinica, ironica e valida ancora oggi per illustrare un destino al quale pensiamo di essere sfuggiti ma che con abiti diversi è pur sempre lì ad aspettarci.
Di questi tempi "Cuore di cane" serve a darci uno sguardo limpido ed implacabile sulla nostra condizione, a meditare come, a dispetto delle apparenze, il sogno di Pallinov sia ben lontano dal realizzarsi.

(Mikhail Bulgakov "Cuore di Cane" Oscar Mondadori 2010)

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