lunedì 15 agosto 2016

Deserti: Giorgio Falco "L'ubicazione del Bene"

Non è cosa facile raccontare la vita della nuova provincia, non più centrata sulle certezze del piccolo paese e della comunità ristretta e priva di storia, abitata in gran parte da chi si adatta alla deportazione volontaria in aree pressoché isolate per poter comprare casa o comprarne una più grande. E' questo un ambiente dominato dalle linee rette dei capannoni industriali che invadono la pianura contadina in estinzione, molto meno vario in architetture e popolazione delle strade cittadine; leggere sotto la sua superficie è complesso e se si manca l'obiettivo, il racconto rischia di diventare una semplice cronaca che perde efficacia in un tempo relativamente breve (gli anni 80 dello scorso secolo ci sono di monito).
Giorgio Falco approfitta di questa monotonia e vi legge i segni del presente, partendo dal mondo limitatissimo dell'hinterland che circonda Milano, i cui centri vitali sono costituiti da grumi di villette a schiera, centri commerciali, Ikea, McDonald e aree industriali, collegati da un sistema circolatorio di tangenziali e strade provinciali perennemente intasate ,che vi pompa un flusso continuo di uomini e donne o -meglio- di consumatori.
In questi spazi lontani dalla metropoli, che non sono città e neanche campagna, le persone perdono riferimenti geografici, morali e la loro stessa identità: bloccati in automobile in coda a uno svincolo, isolati nei loro appartamenti, allontanati dalla vita, pensano di desiderare qualcosa, agire e scegliere. Accecati dai falsi idoli dell'omologazione sociale modellano la propria esistenza su relazioni stereotipate e stucchevoli, dicerie televisive su cosa l'amore dovrebbe essere e l'idea di un successo lavorativo che sospende la compassione e serve a pagare il mutuo. Si adeguano alle mode e alle aspettative altrui e resistono all'infinito, in attesa di una catastrofe -che prima o poi- arriverà, l'attacco nemico alla Fortezza Bastiani.
Le storie dell'immaginaria frazione di Cortesforza (delineata da Falco con agghiacciante precisione) narrano fallimenti professionali, sentimentali, umani. E pur seppellite, silenziate dietro finestre sbarrate e allarmi anti-intrusione, ci circondano, pronte a diventare una notizia di cronaca nera locale che farà emergere dal nulla le Brigadon di cemento e recinzioni metalliche, almeno fino a quando la noia degli spettatori televisivi le affonderà nuovamente nell'oblìo dopo l'ennesima intervista ai vicini di casa in canottiera e ciabatte, tutti invariabilmente sorpresi dall'accaduto: “ Era una famiglia normale”, “Era una persona gentile”.

Questo paesaggio fisico e morale viene offerto al lettore attraverso immagini gelide, nitide e affilate che diventano uno specchio orribilmente limpido in cui guardarsi e contemplare la verità. La sua analisi è tanto impietosa da risultare talvolta asettica e Cortesforza potrebbe essere un pianeta lontano, abitato da zombie o vittime degli ultracorpi, creature disperate a cui è stata mangiata l'anima. La morte interiore dell'uomo è simboleggiata dal suo rapporto con la Natura: annichilita, vessata, crudelmente sfruttata e sottomessa nell'inutile tentativo di sentirsi in controllo o per la soddisfazione di bisogni frivoli e profitto, è sempre presente, nel paesaggio martoriato dai capannoni e attraverso gli animali, simboli dell'innocenza primordiale dell'uomo, della sua spiritualità, continuamente tradita. Più gli uomini si allontanano dalla luce e precipitano nella follia, più stupide e crudeli si fanno le loro azioni verso gli animali.

“L'ubicazione del bene” è un volume di poche pagine, ma per leggerlo ci vuole fegato, per arrivare fino in fondo e accettare che l'Italia, il mondo occidentale, che tutti noi purtroppo siamo anche questo.


(Giorgio Falco, “L'ubicazione del bene”, 2009 Einaudi Stile Libero. Attualmente fuori catalogo, si trova facilmente in biblioteca, in ebook e, con un po' di fortuna, nei negozi d'usato)

2 commenti:

monty ha detto...

Pochi post ma coi controfiocchi. Complimenti

Gemelle a rotelle ha detto...

Grazie, grazie, troppo buono.