sabato 9 gennaio 2016

Quando meno te l'aspetti: Patricia Highsmith, "lA FoLLia DellE SiRene"

I folli fanno paura. La pazzia viene ancora percepita come una sorta di maledizione destinata a persone particolarmente sfortunate; una malattia fisica è giustificata da condizioni “concrete”, verificabili, mentre quella mentale resta - nonostante le spiegazioni scientifiche- misteriosa, una sorta di possessione che rende impossibile vivere in mezzo agli altri. Cerchiamo con cura di evitare la follia, ci sforziamo di non incontrare lo sguardo del tizio che parla da solo in metropolitana, adeguiamo i nostri comportamenti ai codici prescritti dalla società e per rassicurarci critichiamo coloro che si permettono di non seguire le regole.
La follia nei racconti di Patricia Highsmith è un filo sottilissimo nella trama della vita, qualunque vita. L'esistenza di un uomo può passare senza che nessuno lo noti oppure impigliandosi da qualche parte può venire tirato e diventare visibile a tutti. Talvolta non se ne accorge comunque nessuno, in apparenza tutto continua come prima. Altre, le conseguenze sono così devastanti che per chi guarda è impossibile girare la testa.
Caratteristica peculiare di queste storie è la scelta del momento in cui iniziare a narrare: la Highsmith infatti apre la porta al lettore proprio quando la follia si manifesta o viene riconosciuta o una situazione arriva al punto di rottura, e qui pone il centro da cui la storia scaturisce, un centro sbilanciato che crea tensione e un senso d'attesa.
Il 15 giugno Kenneth W. Minderquist, collaboratore del Presidente, rilascia un'intervista nella propria casa, la prima dopo essere stato dimesso dall'ospedale dove è arrivato con in corpo un proiettile destinato al Presidente. E' guarito, gioviale, diretto e fin troppo spontaneo com'è sempre stato; ma allora perché la nipotina Penny non vuole più stare con lui da quando è tornato a casa? Eppure ha sempre voluto bene al nonno.
«Le avanza un franco, Madame?» chiede un piccolo mendicante alla ricca Michèle. «Questo era stato l'inizio» annuncia il narratore: la donna protagonista di “L'orologio di Natale” scopre un mondo che non conosceva se non come una specie di leggenda. Ne rimarrà ingenuamente coinvolta fino al punto di perdere il controllo della propria vita.
«La storia delle persiane fu l'inizio della crisi» così comincia la storia di Ralph in “Non sono bravo come gli altri”, un giovane che a causa di una scarsa autostima ha una visione distorta della realtà e rischierà di perdere la ragione e l'amore.
Se avessi fatto una copertina per questo libro...
Ogni coinvolgimento sentimentale con i personaggi è stato accuratamente evitato: la scrittrice non teme d'indagare a fondo (a volte con sottile, crudele divertimento) le loro reazioni e la loro psicologia, tuttavia non mostra nessuna empatia e nemmeno trova motivazioni o giustificazioni per gli eventi ai quali partecipano. Resta al lettore constatare (a volte con divertimento e altre con orrore o compassione) che qualcosa ha smesso di funzionare come era predisposto che facesse o che -nonostante le apparenze- non ha mai funzionato; sua è la responsabilità di comprendere l'immagine d'insieme, prendere le parti di un personaggio o meno, ricostruire i suoi sentimenti, intuire quale sia la vera follia. Il distacco che l'autrice mette tra sé e i suoi protagonisti unito a un controllo totale della scrittura, a volte danno una sensazione di freddezza. Sono però questi elementi a rendere racconti come “Il bottone” o “Il mese più crudele” indimenticabili, in grado di arrivare al cuore del lettore e scuoterlo, di fargli sentire il filo invisibile vibrare anche dentro di lui. La follia è in ogni essere umano, e il momento in cui si manifesterà imprevedibile. L'unica certezza è che lo farà, prima o poi.

(Patricia Highsmith “La follia delle Sirene”, Bompiani 2007)


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