venerdì 27 dicembre 2013

"I cosacchi e altri racconti" ovvero il mio primo Tolstoj

Scoprire uno scrittore attraverso le sue opere “minori” può essere fonte di grande soddisfazione; infatti nei libri meno noti si può trovare qualcosa che nei testi più famosi a volte passa in secondo piano o diventa un elemento dello sfondo, e che invece assume un carattere rivelatore una volta isolato. Dato che parliamo di Lev Tolstoj è anche fonte di rassicurazione per la vostra Frittella, che se avesse dovuto iniziare a parlare del grande autore russo partendo dai suoi monumenti probabilmente avrebbe gettato la spugna.
“I cosacchi e altri racconti” contiene scritti successivi ad un episodio che oggi potremmo definire depressivo e che segna lo spartiacque tra il primo ed il secondo Tolstoj. Nello stesso anno in cui concluse la stesura di “Guerra e pace” (sette versioni!!), egli intraprese un viaggio per l'acquisto di una tenuta, e durante una sosta notturna in una locanda venne preso da un'angoscia terribile quanto apparentemente immotivata. Improvvisamente ciò che lo circondava si riempì di cieco orrore, mentre la forma dell'esistenza condotta fino ad allora gli si rivelava come un guscio vuoto all'interno del quale non v'era nulla tranne l'abisso. Le azioni quotidiane, i gesti, le parole, diventarono oggetti fragili e senza senso. Da questo momento iniziò un processo che portò lo scrittore a rivedere tutto di sé, a formulare idee ed opinioni politiche, religiose e filosofiche nuove, a cercare un rinnovato contatto con la natura, a diventare vegetariano e ispiratore di gruppi dissidenti dal potere della società e della chiesa, che egli vedeva come nemici colpevoli di ostacolare e allontanare l'individuo dalla giusta felicità in terra. I racconti ed i romanzi successivi a questa crisi ne porteranno i segni: i personaggi protagonisti non sono più nobili e ricchi, ma anche contadini poveri, ladruncoli, prostitute, animali, coloro cioè che si trovavano più in basso nella scala sociale. E quando sceglierà una nobile (Anna Karenina) lo farà per criticare apertamente la società russa e i suoi modelli. Le storie sono segnate da un cupo pessimismo e da un intento quasi moralizzatore. Si fosse trattato di un altro autore probabilmente questa volontà “didattica” avrebbe potuto guastare la sincerità della scrittura e il piacere della lettura, ma visto che parliamo di un personaggio di questa levatura (larger than life, direbbero gli anglosassoni) è un rischio che non corriamo.
Questi racconti sono un ritratto morale e ironico della Russia ma soprattutto del loro autore, e costituiscono tutti insieme una piccola quanto articolata mappa dei suoi interessi e turbamenti . Che sia esplicitamente autobiografico come ne “I cosacchi” o ne “Il diario di un pazzo” (cronaca della terribile notte che cambiò la sua vita) o narri di esistenze totalmente diverse dalla sua, Tolstoj si specchia nelle sue storie, nei romantici idealismi di Olenin (vero e proprio alter ego), giovane ufficiale russo in fuga dall'alta società e alla scoperta dei paesaggi e del popolo cosacco, nelle vicende umoristiche de “I due ussari”, malinconiche di “Cholstomer” e “Tre Morti” o in quelle drammatiche di “Polikuska” -la parabola sfortunata di un povero ladruncolo in cerca di remissione, rappresentante di quel popolo sconfinato di servi poveri la cui unica possibilità stava nel compiacere chiunque si trovasse in una posizione sociale superiore, nella speranza di diventargli utili e migliorare minimamente la propria condizione. E' con costoro che egli si schiera, raccontando le loro miserie con gusto del paradosso e con la malinconia e il fatalismo tipici delle storie popolari. Anche ad un profano è evidente il tormento dello scrittore, lucido indagatore dell'animo umano impietoso con sé stesso e con gli altri, in ricerca della verità, della giustizia, in fuga da sé stesso verso una pace vagheggiata nella natura e nella (impossibile) fratellanza con tutti gli uomini, verso ideali politici e religiosi rivoluzionari per l'epoca e forse anche oggi.
Sembra Gandalf ma è Tolstoj

I personaggi che popolano buona parte dei racconti sono emblematici dei rapporti tra le diverse classi del periodo e i loro atteggiamenti sono ripresi con precisione e umorismo. Basti per tutti il dialogo surreale tra il concreto fattore e la padrona che apre “Polikuska” e li vede discutere senza ascoltarsi, in un reciproco studio degli atteggiamenti altrui. Bastano poche righe per capire quanto la donna sia stupida, animata da una ridicola volontà/vanità di redenzione di Polikuska che sarà invece causa della sua rovina. Tolstoj è spietato nel tratteggiare la vanità e l'inconsistenza morale dei nobili del suo tempo, e se i più poveri e miserabili soffrono un destino avverso, i più ricchi e fortunati sono giudicati senza benevolenza. Ecco come viene descritta la giovane Liza ne “I due ussari”:
“L'espressione del suo viso, quando era occupata e niente la agitava in modo particolare, era come se dicesse a tutti quelli che la guardavano: è bello e allegro essere al mondo per chi ha qualcuno da amare e ha la coscienza pulita. Anche nei momenti di dispetto, di turbamento, di trepidazione o di dolore, attraverso una lacrima che le increspava il sopracciglio sinistro, le labbra serrate, splendeva lo stesso (…) un cuore retto, buono, non rovinato dall'intelligenza.”. Tuttavia, egli riesce ad essere leggero, a non risultare mai arcigno o vendicativo, semmai cinico e divertito.
Merita infine una nota la descrizione dei luoghi e dei paesaggi, ricca, efficace come i colori di un grande pittore: il magico viaggio di Olenin da Mosca verso il Caucaso, un vero piano sequenza che racconta il passaggio dalla città con la sua vanità e povertà spirituale al piccolo villaggio cosacco, vivo, concreto, sincero, mondi separati da una natura immensa e fantastica; i grandi ambienti dove vivevano loro malgrado diverse famiglie, densi di chiacchiere, malignità e pettegolezzi; le foreste russe con la loro pace, i suoni, la luce e perfino gli odori.
Per chi ha letto il Tolstoj immenso di “Guerra e Pace” questi racconti saranno una sorpresa, per chi non lo conosce un modo
per scoprire un Padre della grande letteratura.

( Lev Tolstoj “I cosacchi” 1996, Garzanti Editore)


2 commenti:

monty ha detto...

Interessante il taglio che hai
dato al post.
Io, come sai, sono più filo-dostojevski...

Gemelle a rotelle ha detto...

Dostojevskij è un altro dei miei buchi nella letteratura russa, ma spero di ovviare al più presto. Devo dire che fino ad oggi i miei russi preferiti sono Gogol e Bulgakov per il taglio fantastico dei loro scritti...