sabato 27 luglio 2013

Perchè non sappiamo quello che facciamo: "Che Dio ci perdoni" A.M.Homes

Perchè i dischi volanti? Non so proprio...
Se seguite da un po' questo blog vi sarete accorti che normalmente non mi precipito in libreria all'acquisto delle uscite più recenti, anzi. Quando però una sera girando per una libreria milanese ho individuato sullo scaffale delle novità l'ultimo romanzo di A.M. Homes sono stata presa dall'urgenza di portarmelo a casa. Le sensazioni ci sono amiche, non avevo sbagliato: questo potrebbe diventare il libro della vita dell'autrice americana, probabilmente per comprenderlo in tutte le sue sfumature ci vorranno diverse letture. E' una storia di cambiamento, personale e nazionale. Sesso, crisi di mezza età, Bar Mizvah e religione; gli intrighi politico spionistici degli USA, la famiglia che esplode e si ricostruisce; Richard Nixon, il passato, il presente e il futuro. L'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande degli Stati Uniti passa attraverso gli occhi di Harold Silver, un professore universitario di storia appassionato della figura di Nixon, sposato con una donna molto impegnata e fratello di George, un produttore televisivo sbruffone, violento e pieno di sé. Il giorno del Ringraziamento proprio a casa di quest'ultimo succede qualcosa in cucina, tra una portata e l'altra; è il preludio ad una serie di eventi che nel giro di pochissimi giorni spazzeranno via la vita vissuta fino a quel momento dai fratelli Silver. Harold, investito in pieno dalla grandinata di mattoni (del quale è corresponsabile) l'affronta con apparente ironica rassegnazione, incassa ogni colpo cercando di restare a galla. Lentamente, inconsciamente, assume l'identità del fratello, vive a casa sua, indossa i suoi vestiti, userà (onestamente) il suo denaro si prenderà cura dei suoi figli, diventerà un suo doppio positivo, capace di compassione e di ascolto. Questo transfer fisico diventa un modo per indagare i rapporti col fratello e con la famiglia d'origine, per tornare indietro nel tempo e cercare di trovare le ragioni del malessere che l'accompagnano da tutta la vita. Passato e presente si rincorrono continuamente, nei ricordi e nelle considerazioni di Harold sulla figura di Nixon, che per lui rappresenta il sogno americano con tutta la sua arroganza mista a un senso di colpa e a un desiderio di essere migliori degli altri ma soprattutto “decenti”. La rappresentazione storica della realtà americana innerva tutto il libro, la troviamo nella paranoia dell'omicidio di una giovane commessa di Starbucks e nell'infanzia trascurata dei figli (l'America di domani) che genera mostri, nei rapporti col piccolo villaggio sudafricano di Nateville e nei personaggi, unici, con cui Harold tesse le sue relazioni. Come già accadeva in “Musica per un incendio”, nel momento della rottura dell'equilibrio costituito iniziano ad accadere cose straordinarie e dallo sfondo della periferia borghese di una suburbia americana emergono persone che ci sono sempre state ma della cui presenza eravamo a malapena consapevoli; ne scopriamo la personalità, diventano amici. Mentre i legami tradizionali implodono o semplicemente sbiadiscono altri si rafforzano, sono la nuova famiglia in cui tutte le età, tutti i generi e (quasi)tutte le razze sono rappresentati. Harold accetta tutti i lati positivi e negativi di questi incontri, si lascia condurre dagli eventi, li asseconda e in breve si troverà a costruire una nuova vita, inaspettata e totalmente fuori dagli schemi della sua esistenza precedente. La casa stessa, che anche nel libro precedente era il nucleo attorno al quale si muovevano i protagonisti ma che simboleggiava al tempo stesso il conformismo sociale e la prigione delle convenzioni in cui si nascondevano i vizi della piccola borghesia americana, pur restando centrale diventa una specie di stazione, un luogo di passaggio e di accoglienza senza pregiudizi. La base del rinnovamento.

A.M. Homes confronta l'America del presente con quella che del passato e quella che potrebbe essere. E' il paese post 11 settembre, attonito, terrorizzato, che cerca di ricostruirsi fuori e soprattutto dentro. E non sembrano casuali le dichiarazioni del misterioso personaggio che parla con Harold sull'ascensore e gli scrive “...ti piace pensare che si tratti realmente di finzione”.
Harold Silver è un personaggio eccezionale, un po' Billy Pilgrim, un po' Buster Keaton, un po' Larry Gopnik(il protagonista di “A serious man” dei fratelli Cohen) candido e perverso, ingenuo e furbo, ironico e un pò depresso, incarna perfettamente la resistenza di Giobbe e del popolo ebraico alle sventure e fa largo uso di umorismo e autoironia, che permettono di vedere con lucidità il male senza perdere mai la speranza (ma non per questo illudendosi) che venga sconfitto. Anche quando prova rabbia, solitudine, senso di colpa, ma non dice mai “perchè a me?”. Il titolo, che apre e chiude il libro è un'invocazione, nel bene e nel male, “Che Dio ci perdoni”: per quel che abbiamo fatto e per quello che faremo, per quello che non abbiamo fatto, per la paura e per la gioia. L'autrice riesce a calarsi perfettamente nella testa di un personaggio diversissimo da Elaine e Paul, i nevrotici protagonisti di “Musica per un incendio”, la sua ironia diventa agrodolce, rendendo lieve e divertente una materia letteraria densa, di non facile assimilazione. La cosa che mi è rimasta più impressa è il grandissimo piacere che provato nel leggere questo libro, insieme alla facilità con cui ho attraversato le quasi cinquecento pagine e l'affetto che suscitano i suoi personaggi.
Perdonate la facile battuta: Che Dio vi perdoni, se non lo leggete.

(A.M.Homes “Che Dio ci perdoni” Feltrinelli 2013)





1 commento:

monty ha detto...

Guarda, non fosse che leggo col
contagocce ed ho tonnellate di
libri a prendere polvere, i titoli
che recensisci così appassionatamente
li comprerei a scatola chiusa!