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Perchè i dischi volanti? Non so proprio... |
Se seguite da un po' questo blog vi
sarete accorti che normalmente non mi precipito in libreria
all'acquisto delle uscite più recenti, anzi. Quando però una sera
girando per una libreria milanese ho individuato sullo scaffale delle
novità l'ultimo romanzo di A.M. Homes sono stata presa dall'urgenza
di portarmelo a casa. Le sensazioni ci sono amiche, non avevo
sbagliato: questo potrebbe diventare il libro della vita dell'autrice
americana, probabilmente per comprenderlo in tutte le sue sfumature
ci vorranno diverse letture. E'
una storia di cambiamento, personale e nazionale. Sesso, crisi
di mezza età, Bar Mizvah e religione; gli intrighi politico
spionistici degli USA, la famiglia che esplode e si ricostruisce;
Richard Nixon, il passato, il presente e il futuro. L'infinitamente
piccolo e l'infinitamente grande degli Stati Uniti passa attraverso
gli occhi di Harold Silver, un professore universitario di storia
appassionato della figura di Nixon, sposato con una donna molto
impegnata e fratello di George, un produttore televisivo sbruffone,
violento e pieno di sé. Il giorno del Ringraziamento proprio a casa
di quest'ultimo succede qualcosa in cucina, tra una portata e
l'altra; è il preludio ad una serie di eventi che nel giro di
pochissimi giorni spazzeranno via la vita vissuta fino a quel momento
dai fratelli Silver. Harold, investito in pieno dalla grandinata di
mattoni (del quale è corresponsabile) l'affronta con apparente ironica rassegnazione, incassa ogni colpo cercando di restare a
galla. Lentamente, inconsciamente, assume l'identità del fratello,
vive a casa sua, indossa i suoi vestiti, userà (onestamente) il suo
denaro si prenderà cura dei suoi figli, diventerà un suo doppio
positivo, capace di compassione e di ascolto. Questo transfer fisico
diventa un modo per indagare i rapporti col fratello e con la
famiglia d'origine, per tornare indietro nel tempo e cercare di
trovare le ragioni del malessere che l'accompagnano da tutta la vita.
Passato e presente si rincorrono continuamente, nei ricordi e nelle
considerazioni di Harold sulla figura di Nixon, che per lui
rappresenta il sogno americano con tutta la sua arroganza
mista a un senso di colpa e a un desiderio di essere migliori degli
altri ma soprattutto “decenti”. La rappresentazione storica della
realtà americana innerva tutto il libro, la troviamo nella paranoia
dell'omicidio di una giovane commessa di Starbucks e nell'infanzia
trascurata dei figli (l'America di domani) che genera mostri, nei
rapporti col piccolo villaggio sudafricano di Nateville e nei
personaggi, unici, con cui Harold tesse le sue relazioni. Come già
accadeva in “Musica per un incendio”, nel momento della rottura dell'equilibrio costituito iniziano
ad accadere cose straordinarie e dallo sfondo della periferia
borghese di una suburbia americana emergono persone che ci sono
sempre state ma della cui presenza eravamo a malapena consapevoli; ne
scopriamo la personalità, diventano amici. Mentre i legami
tradizionali implodono o semplicemente sbiadiscono altri si
rafforzano, sono la nuova famiglia in cui tutte le età, tutti i
generi e (quasi)tutte le razze sono rappresentati. Harold accetta
tutti i lati positivi e negativi di questi incontri, si lascia
condurre dagli eventi, li asseconda e in breve si troverà a
costruire una nuova vita, inaspettata e totalmente fuori dagli schemi
della sua esistenza precedente. La casa stessa, che anche nel libro
precedente era il nucleo attorno al quale si muovevano i protagonisti
ma che simboleggiava al tempo stesso il conformismo sociale e la
prigione delle convenzioni in cui si nascondevano i vizi della
piccola borghesia americana, pur restando centrale diventa una specie
di stazione, un luogo di passaggio e di accoglienza senza pregiudizi.
La base del rinnovamento.
A.M. Homes confronta l'America del
presente con quella che del passato e quella che potrebbe essere. E'
il paese post 11 settembre, attonito, terrorizzato, che cerca di
ricostruirsi fuori e soprattutto dentro. E non sembrano casuali le
dichiarazioni del misterioso personaggio che parla con Harold
sull'ascensore e gli scrive “...ti piace pensare che si tratti
realmente di finzione”.
Harold Silver è un personaggio
eccezionale, un po' Billy Pilgrim, un po' Buster Keaton, un po' Larry
Gopnik(il protagonista di “A serious man” dei fratelli Cohen)
candido e perverso, ingenuo e furbo, ironico e un pò depresso,
incarna perfettamente la resistenza di Giobbe e del popolo ebraico
alle sventure e fa largo uso di umorismo e autoironia, che permettono
di vedere con lucidità il male senza perdere mai la speranza (ma non
per questo illudendosi) che venga sconfitto. Anche quando prova
rabbia, solitudine, senso di colpa, ma non dice mai “perchè a
me?”. Il titolo, che apre e
chiude il libro è un'invocazione, nel bene e nel male, “Che Dio ci
perdoni”: per quel che abbiamo fatto e per quello che faremo, per
quello che non abbiamo fatto, per la paura e per la gioia. L'autrice
riesce a calarsi perfettamente nella testa di un personaggio
diversissimo da Elaine e Paul, i nevrotici protagonisti di “Musica
per un incendio”, la sua ironia diventa agrodolce, rendendo lieve e
divertente una materia letteraria densa, di non facile assimilazione.
La cosa che mi è rimasta più impressa è il grandissimo piacere che
provato nel leggere questo libro, insieme alla facilità con cui ho
attraversato le quasi cinquecento pagine e l'affetto che suscitano i
suoi personaggi.
Perdonate la facile battuta: Che Dio vi
perdoni, se non lo leggete.
(A.M.Homes “Che Dio ci perdoni”
Feltrinelli 2013)
1 commento:
Guarda, non fosse che leggo col
contagocce ed ho tonnellate di
libri a prendere polvere, i titoli
che recensisci così appassionatamente
li comprerei a scatola chiusa!
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