In principio fu il libro "Cuore". Poi arrivarono "Io speriamo che me la cavo" e tutta la serie di stupidari che aprirono la via alla nuova letteratura scolastica. Numerosi i professori -illustri o meno- che si sono cimentati nel racconto delle loro esperienze, chi da un punto di vista più didattico, chi più umano, da Domenico Starnone col suo "Ex Cattedra" a Paola Mastrocola, che di libri ne ha scritti molti e continua a scriverne.
Mettendoli tutti insieme è possibile non solo avere un'idea dell'evoluzione (o involuzione) del sistema scolastico, ma anche delle modificazioni sociali che sono avvenute; la mobilitazione politica stemperata in disinteresse, ormai quasi totalmente scomparsa dalle aule, l'integrazione di allievi stranieri, eccetera, eccetera.
Al di là dell'interesse sociologico o strettamente legato al settore, questi libri rivelano la curiosità degli adulti rispetto alle relazioni ed alle energie che si creano e si sviluppano in un ambito che pur dominato dalle loro regole è percorso da vicende che neanche sospettano e dalle quali sono innegabilmente tagliati fuori. La scuola -soprattutto la superiore- se ci pensate è un luogo eccitante (o tale dovrebbe essere) per la creatività, l'energia, l'intrico di relazioni che si creano, si distruggono, e che spesso influenzano le nostre vite per molti anni a venire.
Starnone evidenziava come gli insegnanti s'interessassero alle faccende private, agli amorazzi e alle piccole tragedie personali degli allievi, per i quali in fondo provavano l'invidia di chi ormai si sente escluso da una serie di eccitanti possibilità, da un futuro per loro già passato.
In questo senso "La classe" è tutt'altra cosa. Non c'è infatti alcun tentativo di fare di persone reali dei personaggi nè di fatti una storia: l'interesse di François Bégaudeau è "politico", sopratutto legato alla didattica, ai metodi, al successo o al fallimento della scuola Francese. Annota brevi episodi, stralci di lezioni, dialoghi tra allievi e colleghi, costruendo un collage in cui poco a poco si fanno più chiari alcuni elementi, si evidenziano alcune figure ed i meccanismi tipici dell'ambiente, emergono le personalità di ragazzi, colleghi e del preside. Senza apparente fatica, centellinando le storie con lo stillicidio dell'anno scolastico, fino a dipingere un quadro chiaro, vivo e reale.
Ci sono ragazzi insolenti e indisciplinati, altri brillanti e impegnati. Hanno tutti problemi famigliari. Ciò che indossano parla più di loro, le felpe con scritte senza senso, le bandane, gli orecchini di plastica. I loro tic, le loro abitudini. Gli adulti sono nei dialoghi ripetitivi, nelle azioni sempre uguali, nella disperazione di dover gestire l'ingestibile.
Lo sguardo apparentemente distaccato di Bégaudeau serve a vedere la vicenda scolastica nel suo complesso, senza farsi coinvolgere (almeno letterariamente) e dilungarsi in particolarismi ed opinioni personali che snaturerebbero la sua posizione di osservatore. Le critiche sono sottili, servite con umorismo ma precise e taglienti, se uno ha orecchie per intendere.
Ci viene mostrata una scuola alle prese con alcuni problemi comuni alla nostra, problemi a cui i singoli insegnanti tentano di dare risposta, con risultati incerti, tra impegno e scoramento. Il suo professore ha il grosso pregio di ritenere i ragazzi in grado di capire tutto e non si tira mai indietro di fronte ad alcuna domanda, ad alcuna questione, per quanto spinosa (a volte sembra quasi un manuale di consigli su come tenere la classe). Sbaglia a volte e sa di farlo e anche se ogni tanto sembra un pò troppo duro, in realtà ha sempre rispetto per i ragazzi delle sue classi e per le loro famiglie.
Forse è un libro che pochi non addetti ai lavori si sentiranno di prendere in mano e forse si tratta di un'opera un pò sopravvalutata ma se gradite l'argomento sicuramente v'interesserà . D'altro canto mi pare di capire che questo filone letterario sia fatto di tanti piccoli pezzi, tutti necessari alla visione globale.
(François Bégaudeau "La classe", 2008 Einaudi Stile Libero)
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