domenica 19 febbraio 2012

Bambini difficili: "Il quinto figlio" di Doris Lessing


Non mi capita spesso di rileggere un libro. Si deve trattare di qualcosa che ha lasciato un segno piuttosto forte, e per qualche motivo ho voglia di rinnovare le sensazioni che mi aveva suscitato.

Lessi per la prima volta questo libro circa vent'anni fa su consiglio di mia zia.
Ne ricevetti un'impressione notevole, e più di tutto rimasi colpita dal fatto che fosse stata una donna ad aver  inventato una storia del genere e ad averla portata fino in fondo con determinazione e coraggio. Adesso capirete perchè.

All'inizio del romanzo ci troviamo a Londra negli anni sessanta dello scorso secolo: i costumi che diventano più disinibiti, i giovani si vestono in modo sgargiante e provocante, vogliono esserci, vogliono apparire. Tutti tranne Harriet e David, impiegatucci che non si divertono alla festa in cui s'incontrano, e che con gli altri invitati non hanno niente in comune. A loro non interessa il rock and roll, non interessano le minigonne e nemmeno l'amore libero. Quello che vogliono è una vita normale, il più normale possibile, una grande famiglia con tanti figli.
Si riconoscono immediatamente, si innamorano ed entro pochi mesi si sposano.
Comprano una casa enorme che iniziano a riempire di figli, Luke, Helen, Jane, Paul. Poi Harriet resta nuovamente incinta, ma questa volta è diverso. Il quinto figlio, Ben, non è come gli altri, non è come nessuno. Fisicamente sembra uno gnomo o un troll e non ama la famiglia, non si affeziona a nessuno, prova al massimo della curiosità per il comportamento di coloro che lo circondano. Ed è cattivo, uccide cani e gatti e minaccia l'incolumità dei fratelli.
Pur non riconoscendolo come un proprio figlio, Harriet non è in grado di ripudiare questo mostro, e la sua pietà porterà alla rovina la famiglia tanto voluta e tanto amata.

Se vi sembra che abbia raccontato troppo, rassicuratevi: lo sguardo lucido e tagliente di Doris Lessing illumina -nonostante lo stile letterario veloce, a volte quasi sciatto- ogni minimo particolare di questa storia cupissima e per certi versi scioccante.
Dall'inizio la scrittrice si prende gioco del perbenismo piccolo borghese britannico che vede sia nell'atteggiamento un pò retrogrado dei protagonisti sia nell'ansia di essere "alla moda" dei loro coetanei più spregiudicati; prende poi di mira l'atteggiamento saccente di chi giudica le scelte dei giovani sposi, e quello di chi conosce persone con figli handicappati e spera di allontanare il pericolo di generarne dicendosi che è qualcosa che capita agli altri.
Non solo, la decadenza della società Inglese nell'arco di circa vent'anni è rappresentata con pochi particolari che però restituiscono in modo efficace l'atmosfera degli anni sessanta e settanta che capitolano nel disastro del Thatcherismo.
I personaggi vengono esposti con feroce onestà ed umorismo nei loro difetti e rare virtù. E' talmente realistica l'analisi che non ci si riesce ad affezionare realmente a nessuno di loro, e si mantiene una distanza di sicurezza da cui osservare la famiglia Lovatt implodere.

Nonostante la Lessing abbia dichiarato di aver immaginato cosa sarebbe potuto succedere se una specie di essere primitivo si fosse materializzato nel mondo moderno, dalla trama nascono con prepotenza tutte le domande possibili legate non solo alla maternità ed al rapporto con i figli ma anche all'ipocrisia che spesso regna nei rapporti familiari ed alle innumerevoli pressioni che sempre subiscono le donne dalla società.
Ed è innegabile che affrontare queste domande non sia facile, anzi, a tratti il libro diventa veramente disturbante, ma forse proprio per questo ancora più necessario.

La maternità -complice anche la cultura cattolica- è stata negli ultimi decenni avvolta da un'aura di santità e si è diffusa l'idea che l'amore per i figli sia qualcosa di biologico che nasce per forza insieme a loro. Si sono voluti negare i lati oscuri del rapporto madre-figlio, nonostante siano tragicamente emersi dalla cronaca, lasciando di fatto le madri ed i figli soli con terribili sensi di colpa qualora non si sentissero conformi a questo modello.
"Il quinto figlio" mostra questi lati oscuri con schiettezza, senza soffermarsi su lunghe meditazioni, illustrando i fatti per quello che sono. Con questo materiale altri scrittori (penso a Jonathan Franzen che analizza le dinamiche genitoriali in uno stadio successivo della vita ne "Le correzioni") avrebbero prodotto diverse centinaia di pagine, ma la Lessing -scrittrice artisticamente e personalmente libera e fuori dagli schemi- pur non limitando la propria analisi ha preferito non essere troppo letteraria e lasciare ai lettori le conclusioni.

Una lettura illuminante, secondo me necessaria, ma non consigliabile a tutti.

(Doris Lessing "Il quinto figlio" 2008 Universale Economica Feltrinelli)

1 commento:

Cristina Pavesi aka Kanonenfrau ha detto...

Prima o poi trovero' il coraggio di leggerlo...