giovedì 25 febbraio 2010

La terra dei cuori spezzati


Ammetto di essere in imbarazzo, volendo scrivere una recensione di questo romanzo. Si tratta di un libro così bello, così importante che bisogna andarci cauti.

"Revolutionary Road" fu il primo romanzo scritto da Richard Yates e gli valse da solo il diritto di entrare nella storia della letteratura Americana. Forte e soprendente oggi, deve essere stato una specie di bomba quando fu pubblicato per la prima volta nel 1961. Infatti, riporta un’analisi impietosa e acidissima non solo della società piccolo borghese Americana di allora, ma dell’umanità tutta, dominata dal perbenismo, accecata dalla convenzione e dalla snobberia e incapace d’amore sincero e disinteressato.

Il romanzo si apre con l’accurata descrizione di una rappresentazione teatrale della “Compagnia dell’Alloro”, un gruppo di dilettanti che mette in scena “La foresta pietrificata”. Tra i protagonisti c’è April Wheeler, moglie di Frank, che la guarda dalla platea. Basta questa scena iniziale, che avrebbe facilmente potuto diventare noiosa (data anche la lunghezza) a farci capire di quale stoffa sia la scrittura di Yates: densa, profonda, indaga nelle azioni, nei pensieri dei personaggi, rivelandoli senza remore e censure per quel che sono. Veniamo subito attirati da questa coppia che si rivela quasi immediatamente in crisi. Frank ed April litigano, litigano spesso e apparentemente da tanto tempo. Hanno due figli piccoli che sentono come un impaccio e forse non amano nemmeno. Nessuna delle persone che li circondano sembra però capire quanto sia drammatica la loro situazione: nè la ridicola signora Givings, il prototipo della borghese perbene, ficcanaso e pettegola né i loro pseudo amici Campbell, la tipica coppia composta da una moglie sempliciotta e casalinga e un marito insoddisfatto anche se non particolarmente brillante. A costoro i Wheeler appaiono una coppia dinamica e moderna, anticonformista. E Frank ed April fanno di tutto per esserlo, con tentativi attoriali, sarcasmo e snobberia nei confronti del sentimentalismo che impregna la società Americana e del lavoro impiegatizio di lui, un lavoro stupido, tra persone stupide ed ottuse, un ambiente nel quale cerca disperatamente di non essere coinvolto fino in fondo.

Coloro che li circondano non sono alla loro altezza, anche se li amano (o chiamano amore il loro desiderio di controllarli, di possederli in qualche modo) e li invidiano, e forse questo sentimento di disprezzo verso ciò che li circonda è ormai l’unica cosa che li tiene con fatica insieme. Non c’è molto altro da spiegare, almeno a livello di trama. E’ così limpida l’analisi di Yates, dei piani meschini che Frank mette in atto per tenere April legata a sé, della mancanza di fiducia di April stessa nei confronti del marito, il suo desiderio di fuga che sembra concretizzarsi e l’onestà con cui prende coscienza dei propri sentimenti, delle continue manovre di tutti i personaggi, che cercano di ottenere qualcosa l’uno dall’altro.

Da quest’intreccio, dinamico eppure statico (“Non narra una storia ma una situazione”, ha detto il mio amico Ciccio) emerge una visione amara e pessimista dell’amore (non c’è una relazione veramente riuscita e nutrita da un sentimento autentico) e un atto d’accusa verso l’America: perché April, Frank, i loro vicini, sono tutti figli e vittime di un paese che li ha abbandonati, parcheggiati da zie ospitali e spediti a combattere, che ha distrutto la loro capacità di amare blindandoli in un destino senza scampo, fatto di banalità melense e serate coi vicini, di chiacchiere immancabilmente “cordiali”, di rapporti superficiali e codificati, basati sull’apparenza, a cui chi non sa adeguarsi muore o impazzisce. John, figlio della signora Givings è psicolabile, internato in una clinica, ma appare intelligente, troppo intelligente ed acuto per essere “accettato”, troppo sincero per essere lasciato libero.

Difficile amare fino in fondo uno di questi personaggi che appaiono tutti negativi, in qualche modo corrotti ed egoisti, incapaci di comportarsi in maniera pulita e onesta. Le loro storie spiegano il perché delle loro azioni, ma non sono sufficienti, comunque, a giustificarli. E pensandoci, è abbastanza raro trovare un libro in cui non ci venga proposto un “buono” e un “cattivo”, un libro schietto al punto di rifiutare lo schema bene/male.

E’ bello trovare un romanzo sincero fino alla cattiveria, ricco di umorismo e in grado di mostrarci cosa si trova sotto la superficie della quotidianità, dei bei modi, delle buone maniere. Leggetelo.

(Richard Yates "Revolutionary Road" 2009 Minimum Fax -Prefazione di Richard Ford, contiene alcuni scritti di e su Richard Yates)

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