Era da molto tempo che mi ripromettevo
di leggere un libro di Alice Munro, considerata la più importante
scrittrice di racconti contemporanea. Finalmente mi sono decisa a
fare il grande salto e tra i molti volumi disponibili di Einaudi ho
scelto “Le lune di Giove”, titolo affascinante e vagamente
fantascientifico. In realtà la materia che maneggia l'autrice
canadese non è uranio né qualche metallo esotico, ma quella ben più
sfuggente e instabile dei pensieri, dei sentimenti e delle
sensazioni. Sono questi a costituire la carne delle sue storie, a
tenere insieme fatti e personaggi descritti con estrema solidità e
incredibile ricchezza di sfumature. Tutto il loro mondo interiore è
reso con precisione e lucidità, così come avvenimenti drammatici e
descrizioni a dir poco raccapriccianti come in “L'incidente” o
“La stagione dei tacchini”. Le protagoniste dichiarate sono tutte
donne, di qualsiasi età, colte nel momento in cui diventano
consapevoli di un'incrinatura nel loro rapporto con un uomo. Può
essere un collega di lavoro per il quale si ha una cotta o il proprio
marito o un giovane colpito da ictus al quale si sta cercando di dare
una mano: la “rivelazione”, arriva in un momento qualsiasi,
magari in età avanzata, dopo anni di matrimonio oppure ancora prima
che una vera relazione sbocci, e porta con sé la cognizione di una
profonda solitudine, dell'impossibilità di essere realmente tutt'uno
con un uomo. A volte è una conoscenza dolorosa, altre è una
semplice constatazione, altre ancora è una scelta vissuta orgoglio.
Così ad esempio ne “I Chaddeley e i Fleming” la stessa
situazione è vista da due prospettive totalmente diverse, e mentre
le zitelle Chaddeley non soffrono affatto della propria condizione,
anzi godono della libertà che gli concede la mancanza di legami
sentimentali, le loro controparti Fleming pur essendo incapaci di
immaginarsi una vita diversa da quella che vivono sono
inconsapevolmente indurite dalla loro solitudine. Spesso gli eventi
-che si provano sintomatici di un accadimento futuro o di
comportamento solo apparentemente sorprendente- sono resi attraverso
il ricordo, e il racconto è composto su diversi piani temporali
tenuti insieme dai pensieri della protagonista o della narratrice.
Da questa struttura che sembra porre
l'accento sulla sensibilità e sull'intimità dei sentimenti
femminili, emergono per contrasto, chiare e taglienti, figure di
uomini che influenzano e talvolta decidono la direzione che le vite
delle donne prenderanno: dal professore di chimica che finalmente
lascia la moglie e sposa l' amante per pura affermazione della
propria libertà personale, al superficiale ed affascinante
antropologo che colleziona relazioni su relazioni, al suo rozzo amico
che fa discorsi lugubri ed umilianti sulla natura femminile. Questa
posizione di immeritato dominio accentua la sensazione che una reale,
duratura sintonia tra generi sia impossibile, che un uomo non possa
veramente essere il completamento di una donna e che quest'ultima
resti sempre e comunque libera e sola.
Sullo sfondo si inseguono periodi
temporali più o meno definiti (l'inizio del 1900, gli anni
quaranta...) che portano un bagaglio di moralismi e convenzioni che
le donne di Alice Munro più o meno coscientemente sfidano e spesso
vincono. Tutto questo può far pensare ad una scrittrice femminista,
ma non saprei se confermare questa supposizione, le protagoniste di
questi racconti sono tutt'altro che femministe e attraversano la
disillusione senza cinismo, come se l'avessero sempre prevista, come
se di fatto non le avesse colte di sorpresa.
Il solo vero difetto che ho trovato in
questa raccolta è una nota monotona nell'atmosfera, che -forse a
causa della narrazione mutuata dal ricordo, in cui l'azione è poca e compatta (con qualche eccezione)- risulta a volte un po' troppo
uniforme.
(Alice Munro “Le lune di Giove”
2008 Einaudi)
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