La vita è breve, i libri sono tanti.
Perciò è difficile che io rilegga un libro se non a distanza di
molti mesi (o anni); le eccezioni sono rappresentate da romanzi per
me fondamentali come Mattatoio 5, che in un anno ho riletto
cinque volte; oppure da dubbi di puntigliosa traduzione, come per
“Fate a New York” di Martin Millar, che rilessi a distanza ravvicinatissima in
Italiano e in Inglese. Ma il caso più eclatante appartiene alla mia
infanzia, quando consumai “Me ne infischio di Re Cetriolo!” di
Christine Nostlinger (con due puntini sulla "o", che però non trovo...), un antico tascabile BUR Ragazzi, leggendolo
almeno nove volte. Cavolo, se era un bel libro, quello.
Piccina piccina, l'unica immagine che ho trovato della copertina originale dell'indimenticabile "Me ne infischio di Re Cetriolo!" |
Rileggere può essere rischioso. Molte
volte riprendere in mano quello che ricordavamo come un capolavoro è
deludente e ci convince di aver preso a suo tempo un atroce abbaglio.
Mi è capitato di rimettere gli occhi su pagine che mi avevano
entusiasmata da ragazzina e che mi hanno delusa, addirittura annoiata
da adulta (alcuni passaggi del “Ritratto di Dorian Grey” di Oscar
Wilde, che per me è stato un romanzo di formazione anche del gusto
per la letteratura, un vero e proprio rito di passaggio; “Il
mastino dei Baskerville” di Conan Doyle, che mi aveva incantata con
la descrizione della brughiera ma che si è rivelato molto meno
appassionante come giallo; la scrittura di “American Tabloid” di
James Ellroy, fitta, frammentata, devastante), ma mai il contrario,
anche perchè difficilmente siamo disposti a riprendere in mano un
libro che non ci è piaciuto. Leggere è un'attività che assorbe
tempo e non sembra sensato sprecarne dietro a pagine che già abbiamo
sperimentato come non esaltanti. Quando rimaniamo delusi è
-abbastanza banalmente- perchè la nostra esperienza supera quello
che eravamo in quel determinato momento e a volte le emozioni che
abbiamo provato vengono sommerse dalla consapevolezza che il prodotto
letterario non ci piace più, non aderisce più a quello che siamo e
cerchiamo ora, o che era qualitativamente più modesto di quanto ci
ricordavamo. Insomma, non dipende solo dal libro, ma da noi, da
quanto siamo cambiati. Certo, migliore è lo scritto, più difficile
è che si possa essere delusi. Ed essere riletti non è per tutti i
libri. Non è un caso che ci si senta più portati a rileggere i
classici, che facilmente apprezzeremo come prima e più di prima
trovandovi sempre qualcosa di nuovo che fa eco al noi di
quel momento. Io stessa ammetto che incalzata dai consigli di
critici e amici potrei forse rileggere “Il Gattopardo” o Cesare
Pavese (inflittimi alle scuole superiori e cancellati dalla
memoria), e non escludo che potrei cambiare la mia opinione su di
loro.
La lettura è emotiva e di
quella ricordiamo soprattutto le sensazioni, il divertimento o la
noia, mentre la rilettura è di testa:
pure senza intenzione analizziamo la lingua, ci fermiamo sui passaggi
più belli, le relazioni tra i personaggi, i sottotesti, i
particolari che non avevamo notato o non ricordavamo. Ciò non toglie
nulla al piacere, anzi: è un piacere diverso, in un certo senso più
consapevole e più profondo. Rileggendo qualche mese fa “Cuore di
Tenebra” di Conrad, dopo sei anni vi ho ritrovato lo stesso senso
di caduta e di follia che avevo sperimentato la prima volta – in
questo è un libro straordinario, sul piano del coinvolgimento
emotivo rimane intatto e “pericoloso”- e in più considerazioni
nuove, legate anche ai temi del razzismo e dell'imperialismo.
La mia lentezza di lettura m'impedisce
però di ripetere troppo spesso l'esperimento perchè ci sono
tantissimi libri che vorrei leggere e anche così chissà quanti non
riuscirò mai nemmeno ad aprire.
Ma se decidessi di invertire la rotta e
tornare sui miei passi letterari, quali libri vorrei rileggere? Ecco
alcuni titoli. Ovviamente sono libri che ho amato, ognuno per motivi
diversi, e noterete che molti sono classici...
“Huckleberry Finn” di Mark Twain,
“Il segno dei quattro” di Arthur
Conan Doyle,
“Il Maestro e Margherita” di
Mikhail Bulgakov,
“I racconti di Pietroburgo” di
Nikolaij Gogol,
“Il canto della neve silenziosa” di
Hubert Selby Jr,
“Il giovane Holden” di Salinger (un
altro caso di rilettura seriale: per tre volte l'ho completato e pur
piacendomi non ho mai compreso il grande entusiasmo dei critici)
“Freddo a Luglio” di Joe Lansdale
“Sotto la pelle” di Michel Faber
2 commenti:
Condivido l'analisi del post, anche
io vorrei rituffarmi in qualche libro
del passato (mi vengono in mente
American Psycho di Ellis oppure Delitto e castigo di Dostoevskij), ma che te lo dico affà...
P.S. Hai riletto anche American Tabloid? Non me l'avevi detto...
Diciamo che ci ho provato...
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