Mio zio lo ha letto e passato a mio padre, il quale lo ha letto e passato a mia madre, la quale lo ha letto e passato a mia zia che l’ha letto ben due volte e lo ha poi restituito a mio padre, che lo ha poi prestato al mio fidanzato, che poi lo ha passato a me. “L’inverno di Frankie Machine” è ormai un libro di famiglia, e tutti lo hanno trovato bello, a volte entusiasmante. Secondo mio padre è quasi più bello de “Il padrino” di Mario Puzo.
La mafia di San Diego non è né ricca né furba quanto quella di Los Angeles o Detroit, è una mafia di serie B, ma non per questo meno violenta o spietata. Frank Machianno lo sa bene, ne ha fatto parte per anni, anche se ora si è ritirato e passa le sue giornate tra ben tre lavori, una ex moglie, una giovane figlia, una bella amante. E il surf, una passione giovanile che continua a praticare con dedizione.
Lui però, non era un picciotto qualunque, era Frankie Machine, killer praticamente infallibile, una vera leggenda. E quando qualcuno lo attira in una trappola per ucciderlo, Frank passa immediatamente al contrattacco e decide di scovare il mandante.
Inizia la sua ricerca, sospesa tra passato e presente, a mollo nei ricordi della vita precedente, nel tentativo di capire chi lo potrebbe voler morto e perché. Ritorna indietro con la mente e va a trovare i vecchi compari, facendo chiarezza dentro di sé, scoprendo quanto le cose siano cambiate per lui e per gli altri, quanto le cose che pensava essere andate in un modo, fossero in realtà accadute diversamente.
Un personaggio inedito, Frank, mafioso di piccolo calibro, mai diventato un vero boss, ma abbastanza accorto e fortunato da non essere mai finito in galera. Eppure conosciuto e temuto da tutti per la sua meticolosità e freddezza. Non è stato tirato dentro l’organizzazione “per caso”, la mafia se ‘è scelta, ma ha saputo pagare il prezzo dovuto per appartenervi, cercando di quando in quando di uscirne (senza troppa convinzione) e rimanendo comunque fedele alle proprie regole, alla propria moralità. Più si conosce e più piace quest’uomo dalle abitudini esageratamente italiane (tutte le mattine si tosta e macina il caffè, tanto per dirne una), la lealtà ed intelligenza che gli hanno reso amici personaggi ben più potenti e pericolosi di lui, disincantato e insensibile all’epica mafiosa creata dalle” famiglie” e resa famosa da film come “Il Padrino” di Coppola ( gustosi i commenti in proposito). Un padre che ama la figlia e vuol bene alla sua ex moglie, un vicino ideale sempre disposto a dare una mano, capace di ridiventare istantaneamente lo spietato The Machine.
Attraverso i suoi ricordi, gli incontri con mafiosi sui generis e con i loro figli incapaci, la sua vita famigliare, passata e presente, le amicizie, la storia si dipana, lucida, chiara e appassionante. Un meccanismo ben costruito in cui per avanzare dobbiamo tornare indietro e indagare nella memoria. Questa struttura di narrazioni parallele costituisce gran parte della bellezza del romanzo, unita allo sguardo vagamente malinconico e stanco (ma sostanzialmente privo di plateali rimpianti per la propria vita “dissoluta”) del protagonista; malinconico ma non triste, non geriatrico e rassegnato.
Il registro è realistico, quasi giornalistico per il distacco emotivo delle descrizioni; l’autore non cede a sentimentalismi, ma neanche cerca di scioccare il lettore con scene inutilmente truculente. La violenza viene illustrata senza compiacimento né moralismi. La mafia che svela questo libro è brutale, ogni tanto ridicola, popolata da personaggi curiosi, talvolta quasi simpatici e tuttavia pur sempre criminali; un mondo che per alcuni può essere affascinante, ma di cui Frank ha visto il lato più cupo e squallido.
L’unica critica seria è per il finale, forse un po’ scontato, hollywoodiano e poco consono a un personaggio “reale” come Frankie Machine; ma se lo leggete, deciderete voi.
(“L’inverno di Frankie Machine” Don Winslow Einaudi Stile Libero 2006)
1 commento:
massì dai. lo metto in coda...
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