sabato 25 maggio 2013

Rinascite: Andre Agassi, "Open"

Open, come i quattro tornei di tennis che compongono il Grande Slam.
Ricordo Andre Agassi negli anni '80 e '90, coi suoi capelli identici a quelli di Limahl, le sue magliette oversize dai colori fluo e i pantaloncini di jeans. In un mondo tradizionalista e d'elite come quello del tennis lui spiccava come una specie di énfant terrible. A me sembrava un fico che vinceva sempre. La realtà, a leggere questa (auto)biografia era ben diversa. Essere vittoriosi in un match non significa conquistare un torneo, e conquistare un torneo non significa essere dei “vincenti”.
Da così...
“Open” è un libro appassionante, sia per l'abilità di J.R. Moeringer -il giornalista e scrittore vincitore di un premio Pulitzer che l'ha curata in collaborazione con il protagonista- sia per gli eventi narrati, che sono spesso tanto strani da far pensare che si tratti d' invenzioni.
La scelta di un ghost writer (anche se non troppo ghost) appare dopo qualche tempo dalla lettura quasi un'esigenza: qualcuno estraneo alle vicende può mettere ordine in emozioni che per chiunque sia direttamente coinvolto risultano difficili da controllare sulla pagina scritta, senza cadere nella trappola dell'autocommiserazione e del patetismo.
Dal capitolo UNO, in cui troviamo un giovanissimo Andre alle prese con una macchina lancia palle costruita dal padre per allenarlo, seguiamo la sua evoluzione personale e sportiva che lo porterà ad essere non solo il numero uno del tennis mondiale per parecchi anni, ma anche un uomo felice nel suo privato, sposato con Steffi Graf. La sua non è stata (come per nessuno) una strada facile e lineare, a partire proprio dal rapporto con un genitore bizzarro, lunatico, imprevedibile e intimamente violento, ossessionato dal tennis e deciso a fare dei suoi figli dei campioni. Il tennis era per il piccolo Andre ed i suoi fratelli il sortilegio di una strega maligna, una magia a cui non riuscirono a sottrarsi. Anche per chi ha molto talento (e la consapevolezza di possederne) un peso del genere può diventare insopportabile e frustrante e dare come risultato una lunga serie di sconfitte brucianti e vittorie incerte prima di imboccare definitivamente la strada della realizzazione.
...A così
Così è successo a lui, vinceva match su match e poi cadeva all'ultimo momento, roso dai dubbi e dalla paura. Agassi racconta il timore delle reazioni paterne, l'odio per il tennis, il trasferimento forzato in un surreale collegio per giovani tennisti. E poi la fatica di gestire (sin da adolescente) i rapporti con la stampa, la spettacolarizzazione dei media che trasforma lo sport in pettegolezzo, le difficoltà per trovare un allenatore che capisse come migliorare il suo gioco e la rivalità con i colleghi (primo tra tutti il sempre vittorioso -ma oltremodo antipatico- Sampras). L'atmosfera dei match è resa perfettamente, anche alle pagine più tecniche in cui sono riassunti interi tornei risultano godibili. Perfino chi non conosce il tennis e non lo pratica si troverà sicuramente a cercare le singole partite su youtube, per trovare il momento in cui Agassi ha fatto una certa azione vincente o -viceversa- ha perso il controllo ed è andato a pezzi.
J.R. Moeringer
Le questioni personali sono ovviamente le più appassionanti: non parlo tanto delle relazioni sentimentali (tra le più note quella con Brooke Shields sfociata in un breve matrimonio), ma di quel continuo disfarsi e ricostruirsi fisico e psicologico fatto di fallimenti, accettazione, speranze e a volte successo. La vita privata e atletica di Agassi sono strettamente legate, non c'è tra esse una separazione; tra le persone che condividono il suo cammino emerge Gil Reyes, un vero e proprio padre, scelto da Agassi per sostituire il genitore pazzoide; Gil si prende cura di lui, lo sostiene nelle sue fragilità e lo perdona per i suoi errori. Altro personaggio fondamentale è Brad Gilbert, tennista di limitato talento ma dal carattere deciso, con una visione cristallina e un'idea ben precisa di quello che Agassi deve fare per diventare Agassi. L'incontro con lui è la svolta decisiva e definitiva verso il successo: memorabile è il primo colloquio tra loro che avviene in un ristorante italiano appositamente scelto da Andre, durante il quale Gilbert mostra una fissazione per la birra americana e non potendola ordinare in un locale che serve solo vino, se la va a comprare in un minimarket vicino.
La scelta operata dagli autori è stata quella di raccontare i fatti essenziali con estrema sincerità, includendo anche episodi imbarazzanti -a volte comici a volte drammatici- senza i quali si sarebbe restituita un'immagine più eroica, più smargiassa e luccicante ma non del tutto veritiera. Open, come aperto, sincero. Non vi sono in questa cronaca giudizi, pettegolezzi o recriminazioni, invece, una giusta dose di sentimentalismo; le quasi 500 pagine scritte al presente indicativo sono affascinanti, avvincenti e -posso assicurare- ispirano a guardare la propria vita in modo diverso, ad analizzare i propri errori ricorrenti come sconfitte tennistiche e a trarne conclusioni costruttive.
Posso immaginare che per Andre Agassi la stesura di questo libro sia stata un momento di catarsi. Per me la lettura è stata quasi curativa.


(Andre Agassi con J.R. Moeringer “Open” 2011 Einaudi)

giovedì 25 aprile 2013

Twain and Puppets

Che meraviglia, due delle mie passioni, la letteratura e i burattini si sposano in queste fotografie di un pupazzo gigante di Mark Twain...Bellissimo!

martedì 23 aprile 2013

Giornata Mondiale del Libro!

Oggi è la Giornata Mondiale del Libro, indetta dall'Unesco. Trovate tutte le informazioni relative                       a questo link .

martedì 2 aprile 2013

A piedi nudi nel fango: "The hungry tide", Amitav Ghosh

Quando devo giudicare l'opera di un artista (scrittore, pittore etc.) non occidentale sono un po' in difficoltà. Nonostante la globalizzazione e la diffusione degli stili di vita del mondo occidentale la cultura profonda di un paese continua fortunatamente ad influenzare le arti nella loro struttura profonda e solo conoscendola, almeno in parte, si possono capire determinate strategie e scelte artistiche. La mia conoscenza dell'India è limitata alla lettura dei “Libri della Jungla” di Kipling, "A Tiger for Malgudi" di Narayan, “I figli della mezzanotte” di Rushdie, la frequentazione di qualche spettacolo di danza e canto. Quindi prendete il mio giudizio con le pinze, potrebbe essermi sfuggito qualcosa di fondamentale.

Amitav Ghosh è diventato molto noto negli ultimi anni grazie alla trilogia della Ibis, iniziata con la pubblicazione del corposo “Mare di papaveri”. Personalmente ho un (deprecabile) pregiudizio nei confronti dei libri molto lunghi (i "mattoni"), sono intimamente convinta che per quanto bene possano iniziare, verso la metà della storia l'ispirazione dello scrittore si appannerà e io mi annoierò. L'esperienza folgorante di un libro corposo com “Le correzioni”di Johnatan Franzen e  le entusiastiche recensioni della trilogia della Ibis avevano creato in me notevoli aspettative rispetto a “The hungry tide”. Mi immaginavo immersa in una narrazione affascinante, visionaria, quasi mistica, in cui il fiume diventava un simbolo di vita e di magia.
Il sesto romanzo di Ghosh, tradotto in Italia col titolo di “Il paese delle maree” è ambientato nel Sundabaran, nel Golfo del Bengala, dove le maree che si mescolano all'acqua del fiume creano e modificano continuamente il paesaggio. Piya è una cetologa i cui genitori sono emigrati dall'India negli Stati Uniti, ed è arrivata in questa parte del mondo per studiare l'Orcaella, un delfino di fiume. Incontra su un treno Kanai, un traduttore di Kolkata, che si sta recando a Lusibari, una delle isole del Golfo, da una sua anziana zia, la quale ha trovato un taccuino del defunto marito destinato a lui. Per entrambi i protagonisti le cose non andranno come avevano inizialmente pensato e si ritroveranno a Lusibari.

Nonostante abbia riassunto in pochissime righe la trama, la storia è piuttosto complessa, e dal primo incontro tra Piya e Kanai inizia a dipanarsi in tutte le direzioni, sia fisiche che temporali, inglobando le loro vicende personali, la storia dell'India, le sue complesse tradizioni, le questioni molto attuali che contrappongono lo sviluppo economico (che per gran parte della popolazione indiana corrisponde ancora oggi alla sopravvivenza) e la conservazione dell'ambiente, fino a considerazioni politiche. I personaggi sono archetipi portatori di queste contrapposizioni: Piya vuole difendere l'ambiente e gli animali, ma non ha mai vissuto in India, non ne conosce che in parte le tradizioni e la cultura e non è consapevole del fatto che per buona parte dei suoi abitanti la natura è spesso un nemico. Kanai è d'altronde immagine dell'India moderna e rampante che dell'occidente ha assunto i costumi e sfrutta il lato commerciale, cercando d'ignorare -pur conoscendoli- i modi di vita tradizionali dei suoi conterranei rappresentati da Fokir, un pescatore analfabeta, più giovane di Kanai che rifiuta la sua amicizia e stabilirà invece un legame profondo con Piya, con la quale si capisce solo a gesti. Anche Mashima e Nirmal, gli zii di Kanai, portano la contrapposizione tra la concretezza della vita, anche politica, disposta ad accettare dei compromessi e l'idealismo (incorruttibile) delle teorie.
Questa ricchezza di temi si riflette nella struttura narrativa stratificata a diversi livelli: su tutti domina il narratore onnisciente, al quale si affianca per gran parte del romanzo la narrazione in prima persona del diario di Nirmal, un lungo flashback sulla storia del Sundabaran in cui sono inseriti molti versi di Rainer Maria Rilke che forniscono un'ulteriore lettura degli eventi passati e presenti; Bonbibi, divinità Hindu delle foreste è invocata più volte, e la sua battaglia contro il demone Dakkhin Rai raccontata con una recita e poi con una sorta di poema, cui si aggiungono una corposa quantità di nozioni di cetologia e geologia. La stessa presenza di Fokir trasforma l'azione e la prosa: quando lui e Piya sono insieme da soli la narrazione diventa visiva, quando i personaggi hanno una lingua comune, naturalmente il racconto passa attraverso discussioni e digressioni concettuali. Ghosh controlla con abilità questa quantità consistente di materiali e di tecniche, non lascia capitoli aperti inutilmente e tira le fila di ogni episodio. Conosce alla perfezione la teoria del romanzo e si muove senza apparenti difficoltà attraverso l'architettura immaginifica della sua creazione. Predilige la narrazione in terza persona e spesso rinuncia al discorso diretto anche quando sembrerebbe la soluzione più logica, che contribuirebbe ad alleggerire la narrazione stessa ed a farci conoscere meglio i personaggi. 
In realtà è questo un punto debole dell'opera: con l'eccezione di Fokir -del quale sappiamo pochissimo e che pure riusciamo a comprendere- le personalità dei protagonisti non emergono in modo convincente. Piya e Kanai sono solo simboli: il loro rapporto, le ferite che portano dal passato, il modo in cui lui s'innamora di lei sembrano decisi a tavolino; i particolari personali sembrano aggiunti per rendere questo matrimonio combinato digeribile ad un pubblico occidentale. Non è un caso che caso tutte le contrapposizioni illustrate sopra siano incarnate dai poli di genere (uomo-donna), c'è un disegno molto consapevole. 

La scrittura è pedante nella sua precisa descrizione di ogni cosa, dalla stoffa a scacchi che Fokir tiene nella sua barca con vari usi, ai delfini, all'arrivo di un ciclone, alla maniera in cui sono riportati dati scientifici e storici che sfiora il nozionismo puro. Lo scrittore lascia poco o niente all'immaginazione del lettore, che si sente sempre guidato da un accompagnatore pignolo e zelante preoccupato di mostrare tutto ciò che c'è sul programma della gita, imponendo la propria visione. Impossibile sgarrare, non è permesso astrarsi e fantasticare. Vi è anche un'eccessiva auto indulgenza nella conservazione di tanti episodi (e tante pagine) che nulla aggiungono alla storia, ma che allungano un brodo già abbastanza abbondante. Tanto per fare un esempio, la descrizione di come Piya si è procurata il binocolo con cui perlustra il fiume è per il lettor etanto lunga quanto inutile. L'idea di fondo che ogni cosa sia collegata e contribuisca alla realizzazione di un grande quadro è affascinante, ma personalmente ho trovato talvolta oscuri i motivi per i quali alcune informazioni ci vengono fornite.

Non posso dire che il libro non mi sia piaciuto, ma neanche che mi abbia entusiasmato. In quattrocento pagine scritte in corpo 10 o 11 il climax e l'anti-climax sono praticamente assenti: forse anche questa è una strategia culturale, che rifiuta i picchi e crede nello scorrere continuo degli eventi, nella continua trasformazione o ancora una volta lo scrittore prende prepotentemente il timone e ci priva di ogni vera emozione. L'impressione che ho ricevuto è quella di un autore estremamente consapevole della propria abilità e delle cose che vuole dire, ma assorbito com'è dal suo disegno filosofico non riesce o non vuole arrivare ai sensi, al cuore dei personaggi e delle situazioni. Perfino la bellezza e la magia del fiume vengono soffocate, lo scrittore preferisce indagarlo come uno scienziato o come uno storico, piuttosto che osservarlo come un poeta o un pescatore.
La letteratura non è fatta solo di testa, ma anche di pancia: di quest'ultima in "The hungry tide" ce n'è ben poca.

(Amitav Ghosh, "The hungry tide", 2005 Mariner Books; edito in Italia come "Il paese delle maree" Neri Pozza Editore)

sabato 30 marzo 2013

Liebster Award parte seconda

Ben due nomination per il Liebster Award, fantastico! E quella del blog Lafolle+Jumbolo+Alessio è particolarmente lusinghiera visto che Jumbolo, il blogger che mi ha premiato, al contrario di Monty non mi conosce nemmeno. Quindi, WOW.

Visto che ho già  scritto undici cose su di me, citato i blog che avrei premiato e prodotto undici domande per i relativi blogger, mi limiterò all'essenziale, cioè i punti 1 e 2 della lista che trovate nel post precedente:

1) Ringraziare chi mi ha premiato
Grazie Jumbolo! Non pensavo che leggessi il mio blog, tanto meno che ti piacesse. Grazie davvero.

2) Rispondere alle domande di chi mi ha premiato

1) Viaggio mai fatto ma molto desiderato
     Mongolia e Russia

2) Libro preferito
Uno solo?! Non è possibile! "Mattatoio 5", "Huckleberry Finn", "Le sirene di Titano"...

3) Città preferita
Immagino tu intenda sulla Terra. Anche qui, impossibile sceglierne una: Atene, Lisbona...

4) Film preferito
Nessun dubbio, "Apocalypse Now"

5) Squadra del cuore (una qualsiasi, di qualsiasi sport)
Sportivamente atea, se costretta sceglierei la nazionale greca, per qualunque sport

6) Serie Tv preferita
Starsky e Hutch; in tempi più recenti Life on Mars

7) Nazione dove vorresti espatriare
Preferirei cambiare pianeta

8) Pratica sessuale preferita
Perchè, ce n'è più d'una?

9) Infradito o ciabatte a fascia?
Infradito, perbacco!

10) Pizza o mandolino?
Perchè scegliere?

11) Disco da portare sull'isola deserta
Se fossi sull'isola deserta non avrei bisogno di dischi, mi basterebbero i suoni del mare e della natura

Ecco fatto! Ringrazio ancora copiosamente Jumbolo e Monty per la citazione!

Liebster Award

Stamattina ricevo un commento di Monty, collega blogger di Bottle of smoke, il quale magnanimamente mi ha premiata, da sola con questo blog ed in coppia con Ciambella per Doppiaazione al Liebster Award, un premio che serve a far conoscere blogs con meno di 200 followers. Le Sirene di Titano ci casca a pennello. Ma, noblesse oblige, tale citazione ha un prezzo. Infatti, chi venga premiato entra in un meccanismo per il quale deve fare poi le seguenti penitenze (copincollate di peso dal blog di Monty):

1)ringraziare chi mi ha assegnato il premio citandolo nel post 
2) rispondere alle undici domande poste dal blog che mi ha premiata
3) scrivere undici cose su di me
4) premiare undici blog che hanno meno di 200 followers
5) formulare altre undici domande a cui dovranno rispondere gli altri blogger
6) informare i blog del premio.

Ok, partiamo.

1) Ringraziare: 
Denghiù Monty, Denghiù.

2) Rispondere alle domande poste da chi mi ha premiato:


1) se potesti tornare indietro nel tempo con ciò che sai ora, come impiegheresti questa esperienza?
Perderei meno tempo e andrei dritta al bersaglio

2) con quale personaggio letterario/cinematografico ti identifichi?
Billy Pilgrim, Simon Konianski 

3) qual'è il tuo peggior difetto (e non fate i furbi con risposte del tipo: "sono troppo buono/a, eh")?
Mancanza di coraggio di fare solo quello che mi piace

4) cosa ti aspetti dagli altri?
Quello che mi aspetto da me stessa

5) perchè un blog nell'era di facebook e twitter?
Sono tre cose diverse, non paragonabili

6) da uno a dieci, che priorità dai nella tua giornata all'aggiornamento del blog?
Monty, ancora con 'sta storia del "da uno a dieci"? Otto, ma poi l'aggiorno quando ho tempo...

7) da uno a dieci, quanto ti piaci?
Monty, quanto "Marie Claire" hai letto ultimamente? A volte dieci a volte zero...

8) l'evento che non ti sei mai perdonato di aver perso
La rivoluzione francese

9) il tuo disco più preferito
Non saprei il titolo, ma l'autore sì: Bob Dylan

10) la sliding door più importante della tua vita è stata quella volta che...
Nessuna sliding door nella mia vita

11) chiediti se sei felice e datti una risposta
Fatto

Santo cielo, siamo solo al punto 3? Cos'era? Ah, sì...

3) Undici cose di me:

1) Adoro il fritto
2) Odio viaggiare ma vorrei andare in Mongolia e Russia
3) Non ce la faccio a fregarmene
4) Il mio primo pensiero del mattino è: "Oggi pomeriggio posso fare il pisolino?"
5) Nonostante la raggiunta maggiore età ho degli inquietanti lati adolescenziali
6) Se dovessi dire sempre quello che penso, litigherei con più gente di quanto già non  
     faccia ora
7) Ci provo, ma ancora non ci riesco
8) Voglio leggere e scrivere libri
9) Vorrei vivere in una casa come quella di "Le balene d'agosto"
10)Sono esagerata, ma poi me la faccio sotto
11) In realtà non sono umana, vengo da Sirio 9

4) Premiare undici blog con meno di 200 followers:

Questo è un pò difficile...In realtà non leggo così tanti blogs...metto in ordine assolutamente casuale quelli che mi vengono in mente, che sono poi quelli che seguo. 

2) Kanonenfrau
3) Il teorema di Dionea
4) Il bicchiere della staffa
5) London Calling
6) Segnali di comunicazione
Avrei voluto mettere "Un garage pieno di libri" ma ha già 218 follower...

E poi non me ne vengono più, semmai li aggiungo più in là. Dove siamo? Punto 5, ovvero:

5) Undici domande per gli altri blogger

1) Hai letto "Mattatoio 5" di Kurt Vonnegut?
2) Approssimativamente, quando finirà il mondo?
3) Hai un amico/a immaginario? Se sì, come si chiama? Lui/lei ha letto "Mattatoio 5"?
4) Se non fossi nato dove sei nato, di quale nazionalità avresti voluto essere?
5) Una cosa che ti riesce veramente bene e lo sai (e non fare il modesto, la modestia è vanità)
6) Se dovessi rinascere vorresti cambiare stato materico? Se sì, vorresti essere liquido o gassoso?
7) Il tuo scrittore/scrittrice preferito
8) Onestamente, pensi di essere sempre nel giusto?
9) Un personaggio dei libri che avresti voluto essere
10) Una cosa che vuoi fare a tutti i costi prima della luce viola (se non hai letto "Mattatoio 5" fallo                      
      ora)
11)Un tuo sogno che si è avverato e uno che non si è avverato

Ecco fatto. Non resta che comunicare ai fortunati la loro nomination...