I, io, affermazione di
consapevolezza del proprio esistere, sufficiente di per sé a
comprendere come questo classico della fantascienza superi i limiti
del raccontare per proiettarsi nel territorio della filosofia, della
sociologia e della politica.
Marx è il riferimento più evidente,
la parola Robot deriva dal
ceco Robota, traducibile come
lavoro pesante, lavoro forzato o
addirittura schiavitù (fonte:
https://left.it/2016/05/16/i-robot-al-cinema-e-nella-letteratura-tra-fantascienza-e-realta/)
ed è proprio con lo scopo di assolvere il lavoro più duro e
pericoloso che i robot vengono creati e gestiti in modo da non
danneggiare in termini di concorrenza i lavoratori umani. Con la
creazione di cervelli positronici sempre più potenti acquisiscono
nuove capacità, fino ad essere in grado di sostituire gli uomini
anche nella gestione di apparecchiature sofisticate.
Contemporaneamente, prendono coscienza della loro superiorità in
termini mentali e di forza fisica arrivando, in taluni casi, a
mettere in dubbio di essere stati costruiti da esseri che giudicano
inferiori ed eleggendo una macchina a divinità creatrice (come
avviene in “Reason”, in cui tra l'altro il robot QT-1 afferma: “Io
esisto perché penso”, esplicito riferimento alla logica
Cartesiana).
Queste masse lavoratrici asservite a un
padrone umano hanno dunque le potenzialità per sopraffarlo, tuttavia
non possono in virtù delle “Tre Leggi della Robotica”*, sorta di
Imperativi Categorici (qui la citazione è dalle teorie di
Kant) con cui vengono programmati i loro cervelli e che costituiscono
il codice di comportamento fondamentale comune a tutte le macchine
pensanti. Non sarà comunque necessaria una sollevazione robotica per
ribaltare i rapporti di forza in linea con la Dialettica
Servo-Padrone (ancora Marx), tutto avverrà pacificamente man mano che
l'intervento delle creature artificiali si estenderà agli equilibri
più profondi del pianeta. La rivoluzione operaia si compie.
Ripercorriamo questa evoluzione attraverso i ricordi della robopsicologa Susan Calvin, creazione geniale di Asimov e uno dei pochissimi personaggi umani degni di questa definizione di tutto il libro (l'altro è Stephen Byerley, nel racconto “Evidence”). Estimatrice della purezza dei robot -che non possono mentire né avere secondi fini- è in grado di scomporre e comprendere i loro ragionamenti, spesso oscuri agli altri umani coinvolti; infatti i comportamenti morali dettati dalle tre leggi hanno conseguenze non sempre prevedibili, tanto per le macchine quanto per gli uomini, e sono talvolta pericolose, come nel caso di “Escape!” in cui la macchina più potente della
La quantità di questioni che si
pongono è vasta, a partire dalle più semplici, legate alla
“meccanica” del pensiero robotico, passando per quelle affettive
(“Robbie”, “Run and around”), morali, di comportamento e
infine più puramente filosofiche, come negli ultimi due racconti del
volume, “Evidence” e “The evitable conflict” in cui l'uomo
fatica a distinguersi dalla propria creatura ormai a sua immagine e
somiglianza, e ne diventa infine dipendente, lasciandosi docilmente
governare come un placido animale da pascolo. Uomini e robot si
scambiano di posto, i secondi regolano il lavoro e la vita dei primi,
assumendo una funzione quasi divina.
La potenza di questo libro è tale che
a distanza di quasi settant'anni (!) dalla sua prima uscita resta
attuale, interroga il lettore sull'evoluzione della società, sulla
creazione di un Golem-alter ego dell'uomo, sull'anima tutt'altro che
quieta di questi "nuovi viventi". Per renderli i veri protagonisti di
queste pagine Asimov rinunciò a una caratterizzazione non
stereotipata dei personaggi umani che avrebbe potuto risultare
dannosa, sia perché questi ultimi dovevano in qualche modo
rappresentare i tipi umani nella loro generalità sia perché le loro
vicende interiori si sarebbero sovrapposte inutilmente a
considerazioni di altro respiro, offuscando il vero soggetto della
narrazione. In questo senso anche la lingua semplice, trasparente,
serve allo scopo, oltre a rendere accessibile la lettura in inglese
anche a chi lo usa relativamente poco.
L'universo di Asimov è davvero grande
a giudicare dalla vastità della sua opera, e “I, robot” è la
porta per entrarvi.
* 1.
Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere
che, a causa del proprio
mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non
contravvengano alla prima legge.
3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non entri in contrasto con la prima legge.
mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non
contravvengano alla prima legge.
3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non entri in contrasto con la prima legge.
(Isaac Asimov “I, Robot”, 2013,
Harper Voyager)